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lunedì 18 novembre 2024

Giro delle Orobie a Bergamo, Lago Branchino, Sentiero dei Fiori e Pizzo Arera.

Giro-delle-Orobie-sentiero-dei-fiori

 

Rifugio Alpe Corte 1420 m.

Il rifugio Alpe Corte sorge nella bella e solitaria • Telefono: 0346/35090 • Proprietà: CAI Bergamo Valcanale, giustamente definita "un mosaico di • Posti Letto: 24 • Sala da Pranzo: 80 rocce" e si trova al cospetto di una catena • Locale Invernale: No

Secco. dolomitica che va dalla Corna Piana al Monte • Gestore: Alessandro Seghezzi (tel. 035/703178) Costituisce il primo rifugio del percorso del • Apertura:continuato dal 19/6 al 10/9;

festivi e prefestivi dal 20/3 al 17/6

Sentiero delle Orobie Centro Orientali.

e dal 16/9 al 1/11

ACCESSO DA VALCANANLE

Difficoltà: T, Turistico;

Dislivello: 320 m;

Segnavia: 220;

Attrezzatura: Scarponcini.

Questo itinerario segue lo stesso percorso della prima tappa del sentiero delle Orobie Centro Orientali.

Dal paese di Valcanale si può proseguire con l’automezzo, per strada in terra battuta, fino alla frazione Boccardi. Si continua fino ad oltrepassare un albergo che sorge sulla destra; poco dopo la strada attraversa il torrente Acqualina per salire nella zona degli impianti di sci del Vaghetto e dell’Alpe Piazza (un chilometro circa dal paese). Lasciare la macchina sul piazzale prima del ponte: a destra si apre immediatamente una larga mulattiera percorribile jeeppabile (cartello indicatore) che si inoltra nel bosco.

Sempre percorrendo la mulattiera che attraversa la splendida abetaia, dopo 20 minuti si raggiunge la radura di baita Pianscuri (1292 m). Poco dopo, compiuta una curva, si esce dal bosco e si sbuca sul prato dove sorge il rifugio Alpe Corte (1410 m).

 

 

orte 1420 m.

Il rifugio Alpe Corte sorge nella bella e solitaria • Telefono: 0346/35090 • Proprietà: CAI Bergamo Valcanale, giustamente definita "un mosaico di • Posti Letto: 24 • Sala da Pranzo: 80 rocce" e si trova al cospetto di una catena • Locale Invernale: No

Secco. dolomitica che va dalla Corna Piana al Monte • Gestore: Alessandro Seghezzi (tel. 035/703178) Costituisce il primo rifugio del percorso del • Apertura:continuato dal 19/6 al 10/9;

festivi e prefestivi dal 20/3 al 17/6

Sentiero delle Orobie Centro Orientali.

e dal 16/9 al 1/11

ACCESSO DA VALCANANLE

Difficoltà: T, Turistico;

Dislivello: 320 m;

Segnavia: 220;

Attrezzatura: Scarponcini.

Questo itinerario segue lo stesso percorso della prima tappa del sentiero delle Orobie Centro Orientali.

Dal paese di Valcanale si può proseguire con l’automezzo, per strada in terra battuta, fino alla frazione Boccardi. Si continua fino ad oltrepassare un albergo che sorge sulla destra; poco dopo la strada attraversa il torrente Acqualina per salire nella zona degli impianti di sci del Vaghetto e dell’Alpe Piazza (un chilometro circa dal paese). Lasciare la macchina sul piazzale prima del ponte: a destra si apre immediatamente una larga mulattiera percorribile jeeppabile (cartello indicatore) che si inoltra nel bosco.

Sempre percorrendo la mulattiera che attraversa la splendida abetaia, dopo 20 minuti si raggiunge la radura di baita Pianscuri (1292 m). Poco dopo, compiuta una curva, si esce dal bosco e si sbuca sul prato dove sorge il rifugio Alpe Corte (1410 m).

IL LAGO BRANCHINO E IL SENTIERO DEI FIORI

Difficoltà: E, per Escursionisti;

Dislivello: 800 m;

Segnavia: 218, 222 e 244;

Attrezzatura: Scarponcini.

Partendo dal rifugio ci si dirige a destra imboccando il sentiero 218. Dopo una minuscola valletta, il sentiero scende sulla sinistra (a destra si lascia quello principale, n. 216, che porta ai laghi Gemelli), attraversa facilmente il torrente Acqualina, tipico corso d’acqua di montagna con massi e cascatelle, e risale la sponda opposta superando la Baita di Corte Bassa e proseguendo a mezza costa in leggera salita. Si attraversa un piccolo corso d’acqua e dopo un boschetto si sbuca su una carrareccia seguendo la quale si sale alla Baita di Neel bassa, ben ristrutturata dalla Provincia di Bergamo.

Si prosegue ora su una traccia di sentiero: raggiunta la Baita di Neel di mezzo e costeggiando l’emissario del lago Branchino, si risale la valle con andamento piuttosto ripido fino a sbucare presso la conca che ospita lago Branchino (1784 m). Il lago, poco profondo, é alimentato dalla fusione delle nevi. Contornando la sponda settentrionale del piccolo bacino, in poco tempo si giunge al soprastante passo Branchino (1821 m). Qui inizia la traccia del sentiero n. 222, seguendo la quale si scende verso destra, si attraversa la testata della Valsecca, si risale con largo giro, si supera la Baita Branchino (nei cui pressi é installata una colonnina di telesoccorso) e si raggiunge il vicino passo di Val Vedra.

Dal valico ci si dirige verso sud a contornare il versante est del Pizzo Arera stando alti sui prati della Val Vedra: dopo una breve salita si raggiunge la Capanna 2000, situata all’alpe del Pian Cansaccio. Questo tratto di percorso (dalla Baita Branchino alla Capanna 2000) fa parte del Sentiero dei Fiori, un interessantissimo itinerario ad anello che avvicina l’escursionista ad alcuni tra i più interessanti siti della zona per presenza di numerosi endemismi tipici delle Orobie. A questo punto è possibile allungare l’escursione affrontando la facile salita che conduce in vetta al pizzo Arera (2512 m., vedi descrizione dell’itinerario alpinistico).

Proseguendo invece lungo il nostro itinerario, dalla Capanna 2000 si seguono le indicazioni (freccia gialla) per il tratto principale del sentiero dei fiori. Scendendo leggermente in direzione NordOvest, si supera il marcato solco della val d’Arera e si raggiunge una zona di pascolo che conduce direttamente al Passo di Gabbia (2050 m). Al di là del valico inizia una ripida discesa alla base dei freddi ghiaioni del Mandrone a sua volta seguita da una evidente traccia attraverso un sassoso pascolo. Dopo una mezz’oretta di cammino si incrocia il sentiero 218 proveniente dal passo di Corna Piana e lo si segue verso Ovest in ripida salita fino alla sovrastante sommità della bocchetta di Corna Piana (2078 m.).

Sempre sul sentiero 218 si divalla sul ripido e non facile ghiaione che fascia la parete settentrionale della Corna Piana e si ritorna velocemente al passo del Branchino. Da qui, attraverso il lago, le baite di Neel e ripercorrendo a ritroso il percorso dell’andata, torna infine al rifugio Alpe Corte.

IL PIZZO ARERA (CRESTA EST)

Difficoltà: F, Alpinistica Facile;

Dislivello: 900 m;

Segnavia: 218 e 266 fino passo di Corna Piana;

Attrezzatura: Scarponi, Casco e Corda.

Partendo dal rifugio ci si dirige a destra imboccando il sentiero 218. Dopo una minuscola valletta, il sentiero scende sulla sinistra (a destra si lascia quello principale, n. 216, che porta ai laghi Gemelli), attraversa facilmente il torrente Acqualina, tipico corso d’acqua di montagna con massi e cascatelle, e risale la sponda opposta superando la Baita di Corte Bassa e proseguendo a mezza costa in leggera salita. Si attraversa un piccolo corso d’acqua e dopo un boschetto si sbuca su una carrareccia che conduce alla Baita di Neel bassa.

Prima di raggiungere la baita, si abbandona il segnavia 218 e si imbocca sulla sinistra il sentiero che conduce alla Baita G.A.N. (segnavia 266). Presso questa costruzione il percorso si biforca nuovamente: a sinistra il n. 266 scende verso la baita di Piazza Bassa, mentre a destra il n. 218 sale alla baita Piazza Alta, all’arrivo della seggiovia superiore degli impianti di risalita. Prendendo quest’ultimo sentiero, si raggiunge dapprima la stazione degli impianti, poi, piegando in direzione Sud-Ovest, si punta al passo della Corna Piana, valico che divide la Corna Piana dal pizzo Arera. Con un’ultima faticosa salita si prosegue lungo la cresta orientale della Corna Piana entrando, nella parte alta, nel circolo detritico a sud della cresta e si tocca il valico. L’opposto versante, chiamato vallone del Mandrone, è molto selvaggio circondato com’è da alte pareti rocciose e interamente ricoperto da ghiaioni di chiaro calcare.

Senza perdere quota, si seguono sulla sinistra (Sud-Est) alcuni vecchi segnavia che attaccano la cresta nord-occidentale del pizzo Arera. Proseguendo in questa direzione si incontra, quando la pendenza si fa più ripida, un primo canalone roccioso: in passato era attrezzato con catene fisse, ora invece deve essere scalato direttamente sino alla sommità (passaggi di I e II). Superato un secondo canalone che nella sua parte superiore si allarga in un circo detritico (prestare moltissima attenzione a non scivolare!), si raggiungono quindi le rocce della cima. Per un diedro di placche detritiche e tra facili rocce si sale infine alla cima dominata da una grande croce in metallo.

N.B. Questo itinerario è vivamente sconsigliato in discesa a causa della friabilità della roccia: molto più raccomandabile è invece servirsi della via normale di salita lungo il versante Sud. Proponiamo tale itinerario descrivendolo in salita partendo dal rifugio Capanna 2000 (il rifugio si raggiunge dall’Alpe Corte percorrendo parte dell’itinerario escursionistico proposto) in modo da rappresentare una valida alternativa per chi non se la sentisse di affrontare l’itinerario lungo la cresta nord-occidentale.

IL PIZZO ARERA (VIA NORMALE)

Difficoltà: EE, per Escursionisti Esperti;

Dislivello: 500 m (dalla Capanna 2000);

Segnavia: bolli rossi;

Attrezzatura: Scarponi.

Dal rifugio Capanna 2000 si imbocca il sentiero alle sue spalle che punta direttamente ai ripidi pendii meridionali del pizzo Arera. Superato il bivio per il Sentiero dei Fiori e per il Periplo Arera, si prosegue diritti in direzione Nord e si segue la traccia (indicazioni) che con andamento piuttosto ripido, risale la lunga dorsale: pian piano al pascolo si sostituisce la roccia. Al culmine della dorsale si effettua un breve traverso fino ad incontrare un profondo canale; sì scende per poco e si risale dalla parte opposta (scaletta) sbucando sull’ultimo pendio del massiccio. Una traccia di sentiero nei detriti ed alcuni passaggi tra roccette portano infine alla vetta. Da questo punto la vista spazia su uno dei più piacevoli panorami delle Orobie e, se la visibilità lo consente, anche sulle numerose elevazioni del Monte Rosa e degli Appennini. La discesa si effettua per lo stesso itinerario.

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sabato 24 agosto 2024

Giro dell Orobie a Bergamo: Rifugio Calvi 2020 m.

orobie-rifugio-calvi

 

Il Rifugio Calvi è posto alla testata della Valle • Proprietà: CAI Bergamo Brembana nella zona del Lago Fregabolgia e domina il vicino lago Rotondo. Gli fanno da corona una serie di alte cime tra le quali primeggia l'imponente Pizzo del Diavolo di Tenda, una delle montagne più belle delle Orobie. Per la sua posizione è base di numerose salite alpinistiche ed escursioni verso alcuni laghetti alpini.

• Telefono: 0346/77047 • Posti Letto: 85 • Gestore: Claudio e Valentino Bagini (tel. 0345/577341) • Locale Invernale: Si • Apertura: continuato dal 15/6 al 15/9; festivi e prefestivi dal 15/2 al 31/10. • Sala da Pranzo: 70

Proprietà: CAI Bergamo

ACCESSO DA CARONA (PER LA STRADA CARROZZABILE)

Difficoltà: T, Turistica; Dislivello: 900 m; Segnavia: n. 210 per tutto il percorso. Attrezzatura: Scarponcini.

Disponendo di un mezzo si può salire direttamente in macchina lungo la strada carrareccia che partendo dalla Centrale idroelettrica di Carona (1116 m), raggiunge le case di Pagliari, le baite del Dosso, il Lago del Prato e giunge al pianoro sotto la diga del Lago di Fregabolgia (1900 m). A piedi per una scaletta si giunge al culmine della diga e per il largo sentiero in 1/2 ora si raggiunge il rifugio.

A piedi da Carona si percorre il medesimo itinerario in un bellissimo scenario di boschi e di cascate (notevole quella della VaI Sambuzza), sempre facile e di moderata pendenza, salvo il tratto sopra il Lago del Prato, un poco più ripido. Superata la diga del Lago di Fregabolgia e contornando lo specchio del lago sulla sua sponda settentrionale, si raggiunge il rifugio. • Telefono: 0346/77047 • Posti Letto: 85 • Gestore: Claudio e Valentino Bagini (tel. 0345/577341) • Locale Invernale: Si • Apertura: continuato dal 15/6 al 15/9; festivi e prefestivi dal 15/2 al 31/10. • Sala da Pranzo: 70 Il Rifugio Calvi è posto alla testata della Valle • Proprietà: CAI Bergamo Brembana nella zona del Lago Fregabolgia e domina il vicino lago Rotondo. Gli fanno da corona una serie di alte cime tra le quali primeggia l'imponente Pizzo del Diavolo di Tenda, una delle montagne più belle delle Orobie. Per la sua posizione è base di numerose salite alpinistiche ed escursioni verso alcuni laghetti alpini.  CAI Bergamo via Ghislanzoni 15, 24122 Bergamo - tel. 035/244273 fax 035/236862 – e_mail segreteria@caibergamo.it - web www.caibergamo.it

IL GIRO DEI LAGHI DI VALGOGLIO

Difficoltà: E, per Escursionisti; Dislivello: 700 m; Segnavia: n. 226 fino al passo Portula, n. 230 da passo alla baita del Cernello, n. 229 dalla baita al passo d'Aviasco, n. 236 dal passo all'incrocio con il Sentiero delle Orobie, n. 213 dall'incrocio fino al rifugio Calvi. Attrezzatura: Scarponcini.

Partendo dal rifugio (2015 m) ed avendo come prima meta il non lontano passo di Portula, ci si abbassa nella conca ai piedi dell’edificio e, imboccando il sentiero n. 226, si punta ad una Baita e si scavalca una prima fascia rocciosa alle sue spalle. Poco oltre il sentiero entra nella conca della baita Pian dell’Asino e, senza raggiungerla, devia bruscamente a sinistra (attenzione alle segnalazioni): procedendo ancora in salita, con l’alternarsi di vallette e dossi erbosi si perviene con facilità all’intaglio del passo.

Si aggira ora sul lato ovest un caratteristico roccione e si raggiunge il “Portulino” (2305 m), alla cui base parte la traccia che guadagna la vetta del monte Madonnino (2502 m). Trascurando questa deviazione si continua sul chiaro sentiero (segnavia 230) che, con un traverso a mezza costa, taglia i ripidi pendii settentrionali del Madoninno e si porta sui pratosi versanti orientali. (Se si decide di salire alla vetta Madonnino dal passo del Portulino, è possibile scendere a questo punto del sentiero percorrendo la facile dorsale SudEst. Calcolare una trentina di minuti in più).

Più avanti il sentiero piega decisamente in direzione Sud e scende a raggiungere il filo dell’affilata e panoramicissima Costa d’Agnone. Senza raggiungere il suo culmine presso il monte Segnale, giunti nei pressi di una forcella si taglia a destra su alcuni prati in lieve pendenza e in breve si tocca la Baita Cernello, costruita nei pressi del lago omonimo (1956 m).

Dalla Baita Cernello ci si porta sulla sponda opposta del lago, si imbocca il sentiero 229 che sale tra roccioni e pascoli e, dopo aver scavalcato una ripida scaletta scavata nella roccia e che facilita il superamento di un dosso, si giunge presso il laghetto dei Campelli Basso, naturale. Di fronte si eleva la curiosa diga ad arco che sbarra il lago dei Campelli Alto: la sua struttura arcuata permette di scaricare sulle solidissime pareti laterali della valle tutto il peso dell’acqua garantendo un’elevata sicurezza nonostante gli spessori notevolmente ridotti dei muri di sostegno.

Seguendo l’evidente segnaletica, si supera questo bacino e si raggiunge in pochi minuti la conca che ospita il vicino Lago Nero (2014 m), dai bellissimi riflessi cupi tra abbaglianti strutture rocciose. Il sentiero prosegue sulla destra e con una breve salita si sale al caratteristico sbarramento del lago d’Aviasco (2070 m). Sempre sul sentiero 229 si inizia la lunga risalita della valle costeggiando dapprima il lago e poi, oltre la baita Aviasco, seguendo con ripida salita la traccia che porta al passo omonimo (2289 m), di fronte alle belle pareti settentrionali del monte Pradella.

Proseguiamo verso il secondo dei due Passi d’Aviasco, ma prima di raggiungerlo ci abbassiamo nella conca sottostante fino ad imboccare l’evidente Valle dei Frati, percorsa dal sentiero 236. Questa valle è piuttosto lunga, ma se si “scia” sul fine pietrisco che la ricopre la discesa è veloce e molto divertente. Seguendo i segnavia si tiene il versante idrografico destro e con andamento di ripida discesa, dopo aver superato sfasciumi e pietrame, si giunge al bellissimo lago dei Frati (1941 m).

Raggiunta la diga costeggiando la sponda destra, si scende attraverso un bosco e si perviene alla base della valle incrociando il Sentiero delle Orobie entro Orientali proveniente dal rifugio dei Laghi Gemelli e diretto al rifugio Calvi. Si volta à destra, prendendo ora il sentiero 213, e si continua in piano fino a raggiungere una piccola diga nelle vicinanze della Baita della Capra. Il percorso ora risale una valletta fino ad incrociare la carrareccia che proviene da Carona: seguendola, si supera la diga del lago di Fregabolgia ed in poco tempo si ritorna al Rifugio.  CAI Bergamo via Ghislanzoni 15, 24122 Bergamo - tel. 035/244273 fax 035/236862 – e_mail segreteria@caibergamo.it - web www.caibergamo.it

IL PIZZO DEL DIAVOLO DI TENDA DAL "DIAVOLINO"

Difficoltà: PD, alpinistica Poco Difficile (passaggi di II); Dislivello: 1000 m; Segnavia: n. 225 fino al passo di Valsecca e bolli rossi lungo la via di discesa per la "normale". Attrezzatura: Scarponi. Utile la Corda. Piccozza e Ramponi ad inizio stagione.

La prima parte di questo itinerario è in comune con il sentiero delle Orobie e raggiunge il passo di Valsecca (segnavia 225).

Dal rifugio Calvi si scende al Lago Rotondo, si scavalca la chiusa presso il suo emissario e con una breve risalita ci si porta sul versante boscoso della valle sul fondo della quale scorre il Brembo. Il sentiero prosegue verso est, poi scende sul greto del torrente e lo attraversa su grossi massi. In seguito ci si inerpica sul versante opposto della valle; continuando la marcia verso nord est si costeggia una splendida cascata e si risale il successivo pendio di macereti. Giunti al suo termine, si sbuca in una bella radura occupata dal minuscolo laghetto di Valsecca.

Poco oltre, il sentiero si dirige verso il pianoro di ghiaie che si stende fra le pareti settentrionali del Monte Grabiasca, del Pizzo Poris e del Pizzo del Diavolo di Tenda e che conduce nel vallone del Passo di Valsecca. Si tratta senza dubbio di uno degli angoli più belli ed interessanti di tutte le Orobie: sembra che il carattere più repulsivo e severo delle pareti di queste montagne sfumi nella dolcezza e tranquillità della piana sottostante, verdissima, rigata da molti torrenti e abitata da numerosi branchi di stambecchi. Generalmente nella parte alta di questa conca c’è neve: in tal caso si preferisce attraversare il piano nevoso avvicinandosi ai pendii del Diavolino per incontrare nuovamente la traccia di sentiero ricavata nel minuto ghiaietto. Seguendo questa traccia, con alcune svolte si giunge infine al Passo di Valsecca (2496 m), importante valico che permette di passare in val Seriana.

Dal passo di Valsecca inizia la parte alpinistica dell’ascensione: piegando a sinistra si attacca la cresta meridionale del Diavolino. Oltre la colonnina del soccorso alpino, lo spigolo s’innalza per un buon tratto comodissimo, di minuti detriti, per i quali si sale ad attaccare il Diavolino per un canale incassato parallelo e vicino allo spigolo sul versante brembano. Si superano alcuni ripidi gradoni di rocce non molto solide (pass. di II-), fra le quali, procedendo con cura, si può salire con sicurezza alla sommità del Diavolino (2810 m.) eventualmente appoggiando in qualche brevissimo tratto sul versante seriano (1 ora).

Di qui, piegando a sinistra, si scende verso la depressione che lo separa dal Diavolo: dopo un primo tratto sull’aerea cresta rocciosa, si piega sul versante settentrionale del Diavolino (neve ad inizio stagione) fin dove la cresta è meno inclinata e dentellata, quindi si procede sul filo, calando da ultimo per un gradino di roccia assai ripido allo stretto intaglio alla base del Diavolo.

Dall’intaglio si attacca la cresta del Pizzo del Diavolo per un canalino di pochi metri (II), poi si sale direttamente e senza difficoltà per un gran tratto, di gradino in gradino, lungo lo spigolo largo e di roccia sana, scegliendo i buoni appigli sempre esistenti. Avvicinandosi alla sommità la roccia si fa del tutto solida, ben scaglionata, motivo per cui si segue lo spigolo, divertente e sicuro fino alla vetta (ore 1.30-2.30).

Per tornare a valle è consigliabile servirsi della via normale: dopo essersi goduti il bellissimo panorama sui monti della valle Brembana, della val Seriana e della Valtellina (che presso questa vetta trovano l’unico punto di contatto comune), si imbocca la cresta settentrionale (bolli rossi) e la si segue per un buon tratto prestando molta attenzione al pietrisco che la rende scivolosa. Giunti al nodo di innesto della cresta Nord con la cresta Ovest, si piega a sinistra su quest’ultima (segnalazioni) e, superato un passaggino su placca, si inizia la facile discesa su gradoni che conduce alla sottostante bocchetta Podavit.

Senza raggiungere il valico, appena oltre l’alto circo di neve che si accumula ai piedi della vetta (si tratta delle sorgenti del Brembo) si piega decisamente a sinistra puntando ai pendii di erba e sfasciumi più in basso. I segnavia ora permettono di individuare un sentierino che con alcuni zigzag perde velocemente quota e scende alla vasta conca ai piedi del passo Valsecca, dove passa il sentiero percorso all’andata.

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martedì 13 agosto 2024

Giro delle Orobie a Bergamo, Trekking Alpinismo Escursionismo: Rifugio Ca San Marco by BM

Giro-delle-Orobie-Rifugio-Ca-San-Marco

 

Rifugio Cà San Marco 1830 m.
Il rifugio Cà S. Marco è raggiungibile direttamente in automobile sia dalla Valtellina che dalla Val Brembana
percorrendo la strada carrozzabile del passo San Marco (aperta solo nei mesi estivi).


IL LAGO DEL PESCEGALLO E IL MONTE PONTERANICA

 


Difficoltà: E, Escursionistica fino al lago; EE, per Escursionisti Esperti la salita in vetta;
Dislivello: 800 m;
Segnavia: 161 fino al lago del Pescegallo;
Attrezzatura: Scarponcini.


Dalla Cà San Marco si prende in direzione Est il Sentiero delle Orobie Occidentali in direzione del rifugio
Benigni (segnavia 101): il sentiero è ampio e pianeggiante e, procedendo a mezza costa, punta all’ampia
sella del passo del Verrobbio, ben visibile al culmine della valle.


Quando si raggiunge la zona del pianoro dell’acqua nera, una conca paludosa anticamente occupata da un
laghetto, il Sentiero delle Orobie abbandona il tracciato principale per iniziare una breve discesa che
conduce sul bordo del pianoro; trascurando questa deviazione, si continua invece seguendo il segnavia 161
e dopo una breve salita si arriva al passo del Verrobbio, nei cui pressi sono presenti alcuni resti di postazioni
militari della prima guerra mondiale.


Dal passo si scende sull’opposto versante e, con alcuni saliscendi a mezza costa, si punta all’imbocco di un
evidente canale: qui i numerosi segnavia indicano il percorso migliore e così senza alcun problema si riesce
allo stretto intaglio del Forcellino, proprio a picco sul sottostante lago artificiale del Pescegallo. Con
attenzione si percorre l’aereo sentiero che con numerose svolte scende sino alla sponda occidentale del
bacino.


Da questo punto in poi segue la parte tecnicamente più impegnativa della gita, riservata solo ad escursionisti
esperti e con un buon senso dell’orientamento. Abbandonato quindi il sentiero segnalato, si raggiunge la riva
meridionale del lago posta esattamente all’imbocco del selvaggio vallone Nord del Ponteranica. Senza
percorso obbligato si risale il vallone: la pendenza non è eccessiva ma, nonostante ci si trovi ad una quota
relativamente bassa, l’ambiente è senz’altro dei più selvaggi e suggestivi. Una volta raggiunta la testata della
valle, si piega verso sinistra e, scegliendo il punto più facile, si sale alla cresta spartiacque, dalla quale è
possibile godere di un interessante colpo d’occhio sull’opposto versante dominato dalla solenne parete del
monte Valletto.


Procedendo ora in direzione Ovest, si supera una breve altura sormontata da un ometto in pietra e con un
ultima breve salita si guadagna la vetta del monte Ponteranica Centrale.


• Telefono: 0345/86222
• Posti Letto: 20
• Gestore: Enzo Salvino e Giuseppe Rossi (tel. 0345/86121)
• Locale Invernale: No
• Apertura: tutto l'anno.
• Sala da Pranzo: 56
La storica Casa Cantoniera, attrezzata a • Proprietà: Prov. Bergamo svolgere il ruolo di rifugio alpino, è molto
spesso considerata una meta ambita per i numerosi turisti che, in macchina ma sopratutto in moto, frequentano nella bella stagione il valico alpino del passo San Marco. In zona è possibile compiere facili
escursioni come ad esempio verso la conca dei laghi di Ponteranica.


 CAI Bergamo
via Ghislanzoni 15, 24122 Bergamo - tel. 035/244273 fax 035/236862 – e_mail segreteria@caibergamo.it - web www.caibergamo.it


Per la discesa è possibile seguire fedelmente il percorso fatto all’andata, tuttavia è molto più consigliabile
compiere un itinerario ad anello passando per la conca dei laghi di Ponteranica. Seguendo questa seconda
soluzione, dalla vetta si torna all’anticima sormontata dall’omento e, abbandonando la cresta, si piega a
destra (Sud) tagliando a zigzag il ripido pendio meridionale del Ponteranica fino a raggiungere una conca
alla base del monte Valletto. Seguendo anche l’andamento del pendio, con un giro a Sud-Est si perviene al
sottostante pianoro dei laghi di Ponteranica e da qui, tagliando in piano su un sentiero che costeggia i pendii
del Triomen, si arriva al colletto ad Ovest del Triomen dove passa il Sentiero delle Orobie Occidentali.
Seguendo questo sentiero (segnavia 101) si scende nella valletta sottostante, si supera una baita e dopo
aver aggirato i versanti orientali del monte Colombarolo, si scende al pianoro dell’acqua nera. Qui, con una
breve salita sul pendio opposto, si sale al sentiero che conduce al passo del Verrobbio e già percorso
all’andata.


IL MONTE VALLETTO (CANALE EST)


Difficoltà: F, Alpinistica Facile (passaggi di II);
Dislivello: 600 m;
Segnavia: 101 fino al colle Est del Triomen;
Attrezzatura: Scarponi e Casco.


Dalla Cà San Marco si prende in direzione Est il Sentiero delle Orobie Occidentali in direzione del rifugio
Benigni (segnavia 101): il percorso è ampio e pianeggiante e, procedendo a mezza costa, punta all’ampia
sella del passo del Verrobbio, ben visibile al culmine della valle. Non appena si raggiungono i pressi del
caratteristico Pianoro dell’Acqua Nera, il Sentiero delle Orobie abbandona la traccia diretta al passo e,
piegando a sinistra, scende alla conca acquitrinosa e la attraversa aggirandola verso Ovest.


Procedendo ora in lieve pendenza, si costeggiano i pendii orientali del monte Colombarolo e si arriva nel
solco della valle Ponteranica. Superate le baite Ponteranica e la baita Foppa, senza troppa fatica si perviene
alla verde piana superiore dalla quale è già ben visibile la scaglia di roccia che costituisce la vetta del monte
Valletto. Con un breve strappo un po’ più ripido, il sentiero sale al colle immediatamente ad Est del Triomen:
qui si deve abbandonare la traccia del Sentiero delle Orobie in favore del facile percorso che dal colle,
procedendo in piano verso Nord-Ovest, arriva direttamente alla bellissima conca dei laghi dei Ponteranica.
Dal maggiore dei due laghi si continua verso Ovest senza percorso obbligato puntando alla caratteristica
parete del monte Valletto. Su terreno in parte erboso, in parte di sfasciumi, si supera una breve conca
superiore e si arriva allo sbocco del canale che separa la vetta vera e propria dal torrione che si innalza
verso Sud. Prestando attenzione alla roccia non sempre solidissima si risale il canale (a tratti passaggi di II)
fino a sbucare alla forcella nei pressi della cima dove passa anche la via normale.


Seguendo le tracce ben evidenti in pochi minuti si arriva con tutta facilità alla panoramica vetta.
La discesa si svolge lungo l’itinerario di salita, oppure lungo la via normale che però conduce nella zona del
passo di Salmurano (da qui si può tornare al passo S. Marco utilizzando il Sentiero delle Orobie).

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martedì 23 agosto 2022

Isola-parco, tutta da esplorare

il mare delle oasi marine, un'altro viaggio

Un viaggio o più viaggi? Parchi e aree marine protette hanno tanto da dire e propongono tantissime attività in qualsiasi periodo dell’anno: itinerari per conoscere le unicità e le rarità ambientali e bologiche, per esplorare luoghi  suggestivi, per praticare trekking e biking, per fare passeggiate a cavallo lungo spiaggia, escursioni in kayak o in barca in acque color smeraldo, immersioni in fondali mozzafiato. La Sardegna è un’isola - parco: sei aree marine per oltre 80 mila ettari di territorio incontaminato e ‘protetto’, dove vivere le forti emozioni di itinerari naturalistici, culturali ed enogastronomici.

Bike tour

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Cala Sinzias - Costa Rei

Cala Sinzias - Costa Rei

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fondali colorati da praterie di vegetazione marina

Ti imbatterai in fenditure delle rocce che hanno assunto sembianze di monumenti e in lunghi cunicoli sotterranei, spesso ricoperti da praterie di posidonia e specie vegetali rare, habitat di pesci confidenti. Nei fondali di Capo Carbonara pinnacoli e bastioni di granito sono colorati dal giallo delle margherite di mare e dal rosso delle gorgonie: facile trovarsi faccia a faccia con branchi di barracuda o enormi cernie. Gorgonie e coralli colorano anche i fondali al largo dei promontori granitici e delle calette da sogno dell’area protetta di Capo Testa-Punta Falcone a Santa Teresa Gallura. A meno di un miglio dall’isola di Mal di Ventre, invece, farai scoperte intriganti, come un relitto del I secolo a.C. Nell’arcipelago della Maddalena ti immergeai nelle secche di Spargiotto, punta Coticcio e al Grottino di San Francesco: qua è normale fare incontri ravvicinati con delfini o tartarughe.

caretta caretta

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canyon capo figari

canyon capo figari

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636 gradini sommersi per arrivare a un un lago incantato

E fuori dall’acqua? Rupi a strapiombo si alternano a spiagge bianche. Come a Capo Caccia, dove enormi massicci precipitano in mare con pareti costellate di grotte aeree e marine. Come quelle di Nereo, la più grande d’Europa, e di Nettuno, dove 636 gradini e una camminata di mezzo chilometro vi condurranno in un lago sommerso con enormi stalattiti. A Tavolara e Capo Coda Cavallo esplorerai uno dei tratti di mare più suggestivi del Mediterraneo. Mentre all’interno del patrimonio naturalistico del parco dellAsinara, percepirai il fascino misterioso dall’isolamento di un secolo, in cui l’isola è stata prima stazione sanitaria ‘di quarantena’, poi campo di prigionia di guerra e infine carcere di massima sicurezza, sino all’istituzione del parco.

Capo San Marco - Penisola del Sinis

Capo San Marco - Penisola del Sinis

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Capo Caccia - Alghero

Capo Caccia - Alghero

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paradiso ricco di specie rare

Non solo mare, anche entroterra con zone umide. La laguna del Calich, per esempio, è polmone vitale per la fauna del parco di Porto Conte e dell'area marina di Capo Caccia. A Villasimius lo stagno di Notteri, ospita, tra i vari uccelli rari, il falco pellegrino. Lo stagno di San Teodoro è residenza fissa del cavaliere d’Italia. E anche dei fenicotteri, che troverai in abbondanza pure nello stagno di Molentargius. Intorno a Capo Testa volteggiano gabbiano corso e marangone del ciuffo. E poi c’è un lembo di Sardegna che genera una netta sensazione di continuità fra terra e mare: è la penisola del Sinis. Da Mare e dune di sabbia, ideali per navigare in barca a vela e divertirsi con kite e wind surf, si passa agli stagni di Cabras, dove non potete perdervi una giornata di pescaturismo sui fassois, caratteristiche imbarcazioni di legno.

fonte: https://www.sardegnaturismo.it/it/isola-parco-tutta-da-esplorare

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lunedì 22 agosto 2022

I fari, emozioni ai confini della Sardegna

 

 

fonte: https://www.sardegnaturismo.it/it/i-fari-emozioni-ai-confini-della-sardegna

Un occhio di luce tiene lontani i naviganti notturni dalle coste segnalando loro il confine estremo tra terra e mare. Mentre di giorno, a bagliore spento, risplende il fascino di luoghi sperduti e selvaggi. Issati su promontori lontani da tutto e su isolette disabitate, i fari della Sardegna sono solitari avamposti, testimoni silenziosi delle storie del mare. Vegliano su acque dai colori brillanti, dove l’aria sa di sale e profumi mediterranei ed è incessante il frastuono di onde che si infrangono sugli scogli. Trasudano emozioni e sentimenti di vita intensa, quella dei loro guardiani, di ieri e di oggi. Raccontano di salvataggi miracolosi e naufragi, di imbarcazioni inghiottite dai flutti, come nell’isolotto di Mangiabarche, a pochi metri dalla costa di Calasetta, nell’isola di sant’Antioco: il nome risale alla fama di aver spesso fatto la sfortuna di marinai e naviganti. Accanto, nell’isola di san Pietro, su una scogliera a strapiombo, detta Capo Sandalo, si erge il faro più occidentale d’Italia. Dalla sua vetta, in cima a 124 scalini a chiocciola, emette lampi luminosi che arrivano sino a 24 miglia di distanza.

Mangiabarche, faro - Calasetta

Mangiabarche, faro - Calasetta

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luoghi a due passi dalla terraferma, eppure lontanissimi durante le tempeste

La vita in solitudine sui fari diveniva tragica quando infuriavano interminabili tempeste che tagliavano fuori dal mondo le isolette abitate solo da faristi e loro familiari. Sono vicinissime alla terraferma, eppure dovevano apparire lontanissime, in attesa di aiuti che tardavano. Così spesso avveniva all’isola dei Cavoli, a pochi passi da Villasimius. Famiglie stremate e guardiani naufragati nel tentativo estremo di fuga sono oggi solo un ricordo. Nel faro dei Cavoli risiede attualmente il centro di ricerca biologica dell’area protetta di Capo Carbonara ed è uno dei luoghi più visitati del parco marino. Costruito a metà XIX secolo, il faro ha inglobato una torre spagnola di fine XVI. Le sue pareti esterne sono ricoperte da un mosaico di piccole tessere bianche e dai colori cangianti dall’azzurro al viola. Risalendo il litorale orientale, incontrerai poi la splendida e infinita distesa sabbiosa di Costa Rei, chiusa a nord dal promontorio di Capo Ferrato. Ai suoi piedi calette deliziose, in cima, al termine di un sentiero tra fitta macchia mediterranea, una suggestiva torre-faro di undici metri. Sempre sulla costa est, attraversato il golfo di Orosei, scoprirai un altro suggestivo faro che si staglia che chiude la splendida spiaggia di Capo Comino.

Villasimius, isola dei cavoli

Villasimius, isola dei cavoli

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Faro, Capo Sandalo - Isola di san Pietro

Faro, Capo Sandalo - Isola di san Pietro

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fari e ‘semafori’ disegnano la linea di costa della Gallura

Sul decano dei fari sardi, a Razzoli, l’isola più settentrionale del parco dell’arcipelago della Maddalena, i guardiani vivevano da eremiti. La grande luce a guardia delle tormentate Bocche di Bonifacio richiedeva il lavoro di tre fanalisti, che qui abitavano con le famiglie condividendo ciò di cui disponevano, anche l’istruzione dei figli. I loro maestri ‘riportavano’ sulla terraferma il vissuto di bambini e adolescenti che diventavano grandi sulla piccola isola esposta alle intemperie. Emozioni vissute al confine del mondo, le stesse che ancora si percepiscono, visitando altri (ex) fari dell’arcipelago e della costa di fronte: a punta Filetto e la vedetta di Marginetto a La Maddalena; il faro di Capo d’Orso a Palau, le stazioni di segnalazione di Capo Ferro a Porto Cervo e di punta Falcone a Santa Teresa Gallura, dove spicca anche la magia del faro di Capo Testa, meta romantica e rifugio meditativo, riferimento per chi naviga e per chi cerca un luogo di raccoglimento sulla terra. Rimanendo in Gallura, a Golfo Aranci, un sentiero verso la vetta di Capo Figari porta al Semaforo della Marina Militare. È divenuto celebre grazie a Guglielmo Marconi che vi fece installare il primo impianto radio a onde corte.

Faro di sant'Elia, Calamosca - Cagliari

Faro di sant'Elia, Calamosca - Cagliari

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luoghi solitari, mondi a parte, a protezione di paradisi costieri

Solitudine e silenzio. La penisola del Sinis ‘parla’ attraverso i segni di natura e storia antica. Si estende per terra e mare dal faro di capo Mannu a quello di capo san Marco, al quale giungerai a piedi percorrendo un sentiero che passa dalle rovine di Tharros. Le due estremità delimitano il paradiso dell’area marina protetta del Sinis, arrivato a noi intatto: dune di sabbia, candide falesie, spiagge di cristalli di quarzo, oasi naturali abitate da fauna rara e, disseminate ovunque, testimonianze delle civiltà nuragica, fenicio-punica e romana. È un lembo di terra straordinario, come la vedova del guardiano del faro di capo san Marco. L’amore per il marito e la passione per il suo mestiere l’hanno portata a diventare lei stessa farista e allevare nel faro i propri figli. Uno di loro ne è oggi l’ultimo guardiano. A guardia dell’estremo sud della Sardegna c’è uno dei più antichi fari isolani, costruito nel 1850: il faro di sant’Elia, nelle vicinanze della baia di Calamosca. Un edificio a due piani sormontato da una torre cilindrica a strisce bianche e nere. La sua luce si espande sino a 21 miglia, guidando navi e imbarcazioni nel golfo degli Angeli. Vigila anche su un ‘museo a cielo aperto: sul colle sono concentrati cisterne romane, antichi mosaici, gradini scavati nella roccia e una domu de Janas riadattata a usi civili.

Faro di Porto Cervo

Faro di Porto Cervo

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All’Asinara un faro testimone di un secolo di isolamento

Contemplazione, inquietudine, suggestione, meraviglia. È il parco dell’Asinara. Il suo faro si erge solitario nell’estremità settentrionale: Punta Scorno, anche il nome è un po’ sinistro. Mare aperto, luogo esposto alle burrasche. Una torre tonda a tre piani, alta 35 metri, risalente a metà del XIX secolo, domina dall’alto la ‘tavolozza’ di blu, azzurro, turchese e verde, raramente quieta. Tante le storie sul faro: curiosa la vicenda delle tre sorelle Vitello, figlie di un fanalista. In una notte di settembre del 1953 salvarono tre naufraghi, recuperandoli con una piccola barca. La coraggiosa impresa valse loro la medaglia di bronzo al valore della Marina, uniche donne a ricevere l’onorificenza. Nel 1977 l’ultimo fanalista ha chiuso definitivamente il portone di legno del faro. Da sempre è stato testimone del doloroso isolamento dell’Asinara. Prima di divenire parco, è stata lazzaretto, colonia penale, rifugio di guerra, carcere di massima sicurezza, l’Alcatraz italiana. Per decenni anche la vita dei faristi, nel borgo di Cala d’Oliva, andava di pari passo con quella di guardie carcerarie e detenuti. Uno di loro, di giorno, era affidato come aiuto al capofanalista e viveva in semilibertà, assieme alla famiglia dei fanalisti.

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Immersioni alla scoperta di antichi relitti

Da Cagliari a Carloforte, lungo la costa sud-occidentale della Sardegna, alla scoperta di relitti sommersi nella trasparenza del mare. Il golfo degli Angeli è stato sempre un accogliente riparo e approdo per le antiche civiltà che navigavano intorno all’Isola, spesso in lotta per aggiudicarsi il dominio del mare. Il golfo è stato anche teatro delle guerre mondiali, con vari affondamenti di navi che giacciono sul fondale, uno dei tanti motivi che rendono affascinante l’ambiente sottomarino di quest’angolo di Mediterraneo.

Percorso: 140 km
Tempo di percorrenza stradale: 02h45

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Cagliari

La posizione strategica del capoluogo dell’Isola, al centro del golfo degli Angeli, rende la città base di partenza per i diving center. Le immersioni più appassionanti sono attorno ai relitti, in gran parte affondati nella prima metà degli anni Quaranta del XX secolo, quando Cagliari era ‘capitale’ del Mediterraneo nelle operazioni belliche. Una delle più suggestive conduce al relitto del Romagna, nave cisterna del 1899 e requisita dalla Regia marina durante la seconda guerra mondiale. A inizio agosto 1943, fu colpita da una mina. Il relitto è adagiato a 40 metri di profondità, a pochi minuti dal capo sant’Elia, oggi habitat di saraghi, castagnole, gronghi e cernie si aggirano tra paratie arrugginite e ponte di comando ricoperto di spugne.

Cagliari veduta dal mare

Cagliari

Il capoluogo della Sardegna è espressione dell’atmosfera mediterranea e offre ciò che desideri da una vacanza: storia e arte mare e parchi, comfort...

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Santa Margherita di Pula

Dal porticciolo turistico di Cala Verde, nel territorio di Pula, partono escursioni per affascinanti immersioni. Le pareti rocciose dei faraglioni di Capo Spartivento si inabissano gradatamente in mare permettendo ai sub di raggiungere il fondale sabbioso a 40 metri di profondità, in un succedersi di forme di vita colorate e vivaci. In immersione, potrai osservare reperti di epoca romana disseminati su una vasta area, testimonianza di naufragi di navi da carico che, due millenni fa, navigavano lungo il golfo. A pochi minuti da Cala Verde, altra immersione imperdibile è alla secca di natura granitica del Candeliere, delimitata da tre guglie, dove facilmente ti imbatterai in ricciole, pesci palla e barracuda. Le pareti di roccia sono ricoperte da distese giallo-arancio di margherite di mare, nudibranchi e stelle marine.

Santa Margherita di Pula

Santa Margherita di Pula

Uno dei litorali più belli della Sardegna meridionale, a poche decine di chilometri da Cagliari, ma lontano da spiagge affollate, tensione e stress...

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Isola di San Pietro

La seconda isola per dimensioni dell’arcipelago del Sulcis offre, grazie a coste rocciose, uno scenario ideale per l’attività subacquea. Da visitare assolutamente è l’isolotto del Corno, sotto il faro di capo Sandalo. Il fondale raggiunge qui 40 metri, con pianori sabbiosi intervallati da profondi canyon. In immersione, calato nella ricchezza di flora e fauna marina, potrai incontrare colorati nudibranchi, aragoste, castagnole e altre specie variopinte. Da non perdere la discesa alle Tacche Bianche, a una profondità di 17 metri, dove una colonia di coralli riveste un arco roccioso attorniato da pesci di vario genere.

Le Colonne -  Isola San Pietro

San Pietro

Nella punta sud-occidentale della Sardegna, di fronte alle coste sulcitane, spicca un’isola con scogliere alte e frastagliate, che degradano in...

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TEMA

VIVERE IL MARE

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fonte; https://www.sardegnaturismo.it/it/itinerari/immersioni-alla-scoperta-di-antichi-relitti

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