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martedì 16 novembre 2010

I sapori pugliesi, tradizioni di una terra dove si incontrano culture diverse.

Nel 2008 l'Italia ha presentato all'Unesco una nuova candidatura da inserire nel Patrimonio dell'Umanità: la Dieta Mediterranea.

La dieta mediterranea è un modello nutrizionale ispirato ai modelli alimentari tradizionali dei paesi europei del bacino mediterraneo, in particolare Italia, regioni peninsulari ed insulari, Francia meridionale (specialmente Provenza e Linguadoca), Grecia e Spagna; tale dieta ha avuto grande diffusione, specie dopo gli anni novanta, in alcuni paesi americani fra cui l'Argentina, l'Uruguay e alcune zone degli Stati Uniti d'America.

Questa dieta è stata abbandonata nel periodo del boom economico degli anni sessanta e settanta perché ritenuta troppo povera e poco attraente rispetto ad altre modalità alimentari provenienti in particolare dalla ricca America, ma ora la dieta mediterranea sta sicuramente riconquistando, tra i modelli nutrizionali, l'interesse dei consumatori.

Nella lista, entrerebbero pasta, frutta, verdura, cereali, olio d'oliva, pesce e vino, ma anche lo stile di vita e la storia dei prodotti. E se ci fosse una gara per la regione più rappresentativa della Dieta Mediterranea, questa, sarebbe vinta dalla Puglia.

Quale altro territorio esprime tanti prodotti mediterranei? Quale altra cucina ha visto tante influenze di popoli e culture? Un viaggio nella ricchezza enogastronomica pugliese non solo deve tenere conto di Normanni, Arabi, Spagnoli e Francesi che passarono per questa terra, ma anche della povertà che per secoli ha afflitto le campagne costringendo i contadini a creare piatti a base di prodotti semplici e nutrienti come olio d'oliva, vino, grano, verdure.

Gastronomia pugliese significa storia e tradizione, ma oggi anche innovazione e creatività: nel viaggio attraverso i sapori di questa terra ci accompagnano alcuni chef tra i più rispettosi della tradizione, e insieme innovativi.

Inizia Rosalba De Carlo, del ristorante Alle due Corti di Lecce. «Ho sempre avuto un sogno, riproporre i piatti della cucina salentina che vedevo preparare dai contadini. Tutto il giorno lavoravano nei campi e alle cinque del pomeriggio mangiavano un piatto unico, spezzature cu lipasuli: diversi tipi di pasta», ricorda Rosalba, «con i fagioli e con muersi, il pane fritto. Attingevano tutti da un unico grande piatto; il primo a servirsi era il capofamiglia che prima di mangiare si faceva il segno della croce». E il pane della tradizione pugliese? «Un tempo i contadini mettevano nella farina il lievito madre, lu liatu. Quel lievito passava da famiglia in famiglia e il pane veniva cotto nel forno comune del paese».

Secondo Beppe Zullo, del ristorante Villa Jamele a Orsara vicino Foggia, «I sapori del mio territorio sono quelli d'entroterra, forti, a base di maiale e cinghiale. La carne di vacca compariva un tempo solo sulle tavole dei nobili». Poi ci sono sempre stati i prodotti spontanei della natura: «le foglie misck, le foglie miste che ancora uso nella mia cucina che raccolgo nei campi», ricorda Zullo mostrando mazzetti di borragine, marasciuolo, rucola, finocchietto selvatico. «Ieri come oggi, la pasta, veniva fatta con la farina di grano arso, di scarto e senza uova.

Le uova erano un privilegio riservato ai ricchi», ricorda Pasquale Fatalino, dell'Antica Locanda di Noci, vicino Bari, che invita ad andare a vedere le'donne nei vicoli della vecchia Bari che fanno ancora la pasta a mano e la vendono: «Tipiche nostre, sono le orecchiette, i fricelli, i cavatelli». Pierluca Ardito, della Tenuta Monacelle di Monopoli, parla dei formaggi: «La tradizione casearia pugliese è antica; la Ricotta di latte vaccino, chiamata azzisa, seduta, viene condita con i prodotti della terra più semplici: olio e cipolla.

Poi c'è il Canestrato, preparato nella zona di Bari e Foggia con il latte di pecora. Il nome deriva dai canestri di giunco nei quali si fa stagionare. Ma non possiamo dimenticare la Burraia», conclude Ardito.

Il formaggio più celebre della Puglia viene, secondo la tradizione, da una vecchia abitudine dei contadini pugliesi: quella di non sprecare nulla. Sembra infatti che, all'inizio del Novecento, in un caseificio artigianale della zona di Andria, furono messi insieme avanzi di produzione: pasta filata e panna.

Vengono invece da antiche influenze straniere altri piatti della cucina pugliese, come la taiedda, o tiella, preparata con riso, patate e cozze: deriva dalla presenza spagnola; evidente è la somiglianza con la paella. E purè di fave secche del Salente, che si mangia accompagnato dalla cicoria, viene invece dalla cucina araba. Altro capitolo importante è il pesce. Celebre e antica è la coltivazione di mitili e ostriche a Taranto, ma Rosalba de Carlo ricorda anche il polpo come lo preparano a Lecce: (do purpu appignatu, messo nella pignata, la pentola di coccio. Va cotto molto lentamente. Le donne lo preparavano dalla mattina alla sera».

Beppe Zullo ricorda che in Puglia si è sempre usato il pesce azzurro, «perché povero; quando avanzava veniva fatto a scapece, fritto e collocato nella teglia a strati, con pane grattugiato, aglio e aceto, così si manteneva a lungo». I quattro chef concordano su un'altra tradizione pugliese, diffusa un po' ovunque, quella del fornello che si prepara nelle macellerie. Sono spedini di carne alla brace che vanno mangiati in piedi, accompagnati una fetta di pane e da un buon bicchiere di Nero di Troia o Primitivo di Manduria. Un pasto rapido che avrebbe molto da insegnare al fast food moderno.




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sabato 30 ottobre 2010

Puglia, un piccolo continente che non stanca mai il viaggiatore.

Lo storico dell'arte Cesare Brandi, in uno dei suoi articoli raccolti nel volume Terre d'Italia, scrisse che: «La cosa più straordinaria della Puglia, è il fatto di essere come un piccolo continente, che ha una struttura a sé e una storia propria, pur essendo sempre stata integrata, spinte o sponte, alla storia d'Italia».

Quello proposto da questa guida è appunto un viaggio attraverso le tante realtà del "continente" Puglia, regione che vive, ancora oggi, tra elementi arcaici ricchi di suggestione, tradizioni, creatività e apertura verso l'esterno. Apertura che viene dal passato ed è alla base della cultura popolare pugliese: per secoli, infatti, questa terra fu la porta verso l'Oriente.

Ai tempi dei Romani, a Brundisium, finiva la Via Appia e si partiva per la Grecia; dal porto di Brindisi, nel Medioevo, si salpava per le Crociate. In queste terre sono passati Greci, Longobardi, Bizantini, Normanni, Arabi, Svevi, Francesi e Spagnoli. Ognuno ha imposto il proprio potere. Ma ha anche lasciato operte d'arte, riti, stili architettonici e di vita, abitudini gastronomiche. Gli itinerari che proponiamo toccano il Romanico e il Barocco, l'enigmatica geometria di Castel del Monte e i misteriosi menhir del Salente.

E poi c'è la natura. Che non è solo un patrimonio da salvare e rispettare ma anche una riproposta in chiave moderna di antiche strade: come la nuova Ciclovia dei Borboni che collega Bari a Napoli, o le Vie dell'Acquedotto che che permettono agli amanti di bici e trekking di sfruttare i vecchi sentieri nel verde che costeggiano l'Acquedotto Pugliese. Con questa guida invitiamo i lettori a "non stancarsi mai di scoprire" la Puglia.

Nella chiesa di Mar di Tricase, nel Lee sentono rumori misteriosi. Gli scettici sostengono che sia il vento. Qualcuno giura invece che siano urla strazianti che si ripetono da secoli. Sarebbero quelle di Satana, murato vivo nella chiesa dai contadini, dopo che questi aveva stretto un patto scellerato con il Principe Vecchio: un despota che governava con crudeltà il territorio.

Quella di Tricase è solo una delle tante leggende che che rendono ancora più affascinanti e spesso misteriose, le bellezze della Puglia. Bellezze che in Capitanata e Terra di Bari hanno come denominatore comune l'architettura e l'arte Romanica, in Salente, invece, il Barocco. Itinerari ideali, quelli storico-artistici, per un turista che, viaggiando, voglia capire a fondo un territorio, il suo passato e il suo presente.


La parte più settentrionale della regione deve il suo sviluppo soprattutto a Federico II, lo Stupor mundi secondo il quale «se il Signore avesse conosciuto questa piana di Puglia, luce dei miei occhi, si sarebbe fermato a vivere qui».

Alcuni degli esempi più interessanti di architettura romanica sono presenti nella zona di Foggia; tra questi, la Cattedrale di Santa Maria Assunta a Bovino, annoverato tra i borghi più belli d'Italia, e il Castello di Lucerà: fu proprio Federico U a farlo costruire sulla sommità piana del colle, per rinchiudervi negli anni Venti del 1200, i ribelli Saraceni di fede musulmana, deportati dalla Sicilia.

Affascinante anche la Chiesa di San Leonardo a Siponto, che durante il solstizio d'estate convoglia il raggio di sole più alto dell'anno in maniera spettacolare: nella spessa volta perforata della chiesa, il 21 giugno il sole proietta undici raggi dal piccolo rosone formando sul pavimento altrettanti petali di luce.

Satana, che compare continuamente nelle leggende di origine medioevale, torna, questa volta sul Gargano: se si imbocca la direzione per Monte Sant'Angelo, si incontrano due autentici capolavori, come l'Abbazia di Pulsano e la chiesa di Santa Maria Maggiore. Ma soprattutto la grotta dedicata allo "steiminatore celeste" di diavoli, l'Arcangelo San Michele. Lo spettacolo è unico nel suo genere: una caverna dall'irregolare volta rocciosa che nell'arco dei secoli ha accolto milioni di pellegrini devoti al culto del Santo.


San Michele, vuole la leggenda, apparve nell'anno 490 a Lorenzo Maiorano, vescovo di Siponto, rivelando di essere il custode della grotta dove i peccati degli uomini sarebbero stati perdonati. Procedendo in direzione sud, lungo l'Adriatica, si raggiunge l'ultima nata tra le province, quella di Barletta-Andria-Trani (BAT).

La prima tappa è Trani, dove incontriamo una delle perle del Romanico pugliese, la Cattedrale eretta in onore di San Nicola Pellegrino, dalla facciata di pietra calcarea che riflette in mille colori la luce, con il mare sullo sfondo come quinta. Altra tappa irrinunciabile del viaggio alla scoperta del Romanico pugliese è Ruvo di Puglia, con la splendida cattedrale costruita tra il XII e il XIII secolo: particolare è la facciata a capanna, con il rosone, i tre portali e la bifora che raffigura l'Arcangelo Michele che lotta e sconfigge il diavolo (di nuovo Satana!).

Da Trani, si lascia la Litoranea e, addentrandosi nell'entroterra, si raggiunge Andria, nei cui pressi c'è un'altra meraviglia, uno dei simboli architettonici e storici della Puglia: Castel del Monte.

L'ottagono perfetto, rigoroso, su cui è articolata la pianta, è una forma geometrica fortemente simbolica: è intermedia tra il quadrato, simbolo della Terra, e il cerchio, che rappresenta l'infinità del cielo. Segnerebbe quindi il passaggio dell'uno all'altro, dal finito all'infinito, n mistero è anche nella sua destinazione: non fu né maniero difensivo, né residenza di caccia. Un luogo di osservazione in armonia con il cosmo?

Un tempio laico dedicato all'uomo? L'intera costruzione è certamente intrisa di forti simboli astrologici, e la sua posizione è stata studiata in modo che nei giorni di solstizio ed equinozio le ombre gettate dalle pareti abbiano una particolare direzione. A mezzogiorno dell'equinozio di autunno, ad esempio, le ombre delle mura raggiungono perfettamente la lunghezza del cortile interno, ed esattamente un mese dopo, coprono anche l'intera lunghezza delle stanze.



Anche Bisceglie vanta una leggenda, quella che segna la presenza dei tre Santi patroni: la tradizione vuole che, mentre i resti dei Santi Patroni venivano trasportati su un carro dal Casale di Sagina al paese, uno dei buoi, scivolato a causa della forte pioggia, incespicasse in un sasso, lasciando impressa l'impronta dello zoccolo.

In tal modo, venne miracolosamente indicata la direzione da prendere per il trasporto dei Santi, che furono traslati a Bisceglie, invece che altrove. Il nostro itinerario ideale prosegue verso il capoluogo pugliese, terra d'incontro di popoli, di culture. Nel borgo antico di Bari troneggia il profilo della Basilica di San Nicola, costruita sul finire dell'XI secolo, sotto il dominio normanno, per accogliere il corpo del Santo taumaturgo sottratto dai marinai baresi, tra mille difficoltà, dalla città di Myra, in Turchia.

La chiesa è una delle più alte espressioni dell'architettura romanica pugliese e continua a essere meta di pellegrinaggi, come lo era ai tempi in cui venne edificata, di cattolici e ortodossi provenienti da ogni parte: con i loro doni al Santo, nei secoli, hanno contrubuito alla costituzione di un piccolo tesoro.

Spostandosi verso il Salente, inizia la Puglia barocca. Ecco dunque la "Firenze del Sud", com'è stata ribattezzata: Lecce, città ricca di gioielli artistici, a partire da Piazza Sant'Oronzo, nel centro cittadino, con la statua del Santo patrono e gli scavi che hanno riportato alla luce i resti dell'antico Anfiteatro romano di epoca augiistea; conteneva fino a ventimila spettatori.

Capolavoro del Barocco leccese è la chiesa di Santa Croce, progettata da Gabriele Riccardi con interventi di altri artisti (con l'attiguo Palazzo del Governo), costruita tra il XVI e il XVII secolo. Altra altissima espressione del Barocco leccese è la Piazza del Duomo (chiesa di impianto originale romanico che fu ridisegnata in uno stile barocco scarno ed essenziale da Giuseppe Zimbalo nella seconda metà del Seicento) che ospita il Palazzo Vescovile e Arcivescovile.







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lunedì 4 ottobre 2010

Le grotte di Toirano sono un complesso di cavità carsiche di rilevanza turistica, note per la varietà di forme di stalattiti e stalagmiti.

Le grotte di Toirano, in provincia di Savona, sono un complesso di cavità carsiche di rilevanza turistica, particolarmente note per la varietà di forme di stalattiti e stalagmiti, per la loro estensione, per la perizia con cui le guide illustrano il percorso turistico lungo oltre un chilometro, per il ritrovamento di tracce dell'homo sapiens di oltre 12.000 anni fa e resti di ursus spelaeus di circa 25.000 anni di età. Il complesso delle grotte di Toirano è gestito direttamente dal Comune.

Risalendo la Val Varatella, poco oltre Toirano, si incontrano i contrafforti di un massiccio calcareo di dolomiti grigie, solcato da una serie di valloni, in cui si aprono oltre 150 caverne naturali, tutt’oggi oggetto di ricerca da parte di studiosi internazionali.

Il complesso delle grotte di Toirano, aperto al pubblico nel 1953, dopo le opportune opere di sistemazione, è gestito direttamente dal Comune e costituisce oggi una delle maggiori attrattive che l'entroterra della Riviera Ligure di Ponente offre al turismo italiano, con un numero di visitatori superiore alle 110.000 unità all'anno.

Adiacente al complesso delle grotte di Toirano, si trova la grotta del Colombo, estremamente interessante per le tracce lasciate dagli uomini preistorici che la abitavano.

Come arrivare.

In Treno:

Discesa, da qualsiasi città si provenga, alla stazione di Loano. Da qui, con mezzi pubblici, imboccare la S.S. 1 Aurelia fino a Borghetto e proseguire sulla strada provinciale per Toirano.

In Autobus:

C
on i mezzi pubblici di linea partenze da Pietra Ligure, Loano e Borghetto S.S.

_______


Il territorio toiranese e dell'intera val Varatella è ricco di circa trecento cavità naturali. Alcune di esse, come la grotta del Colombo (non aperta al pubblico), contengono testimonianze del Paleolitico inferiore e medio e hanno conservato tracce di presenze umane (Uomo di Neandertal) e animali (Ursus spelaeus).

Altri reperti sono stati rinvenuti in una delle due grotte intitolate a Santa Lucia, occupata a partire dal periodo Musteriano, e in molte altre cavità, frequentate fino alla romanità.

Tra le cavità più famose in abito nazionale ed internazionale vi è sicuramente la grotta della Bàsura o della Strega, la prima a cui si accede durante la visita guidata. Scoperta nel 1950 da alcuni ragazzi di Toirano, è ricca di importanti e pregiate testimonianze dell'uomo primitivo di epoca epigravettiana.

In alcune sale e corridoi sono stati rinvenuti un cimitero di orsi delle caverne e segni carboniosi sulle pareti provocati delle torce usate dagli uomini-cacciatori.
Targa che ricorda la scoperta della grotta della Bàsura

Diverse impronte di mani e ginocchia impresse nell'argilla sono visibili lungo il percorso, ma la parte più interessante è la cosiddetta Sala dei Misteri (non aperta al pubblico per motivi di preservazione), che è anche la parte terminale della grotta.

Qui si trovano sette impronte di piedi, ricoperte da un velo calcareo, tra cui quella di un fanciullo. Sulla parete di fondo si notano conficcate pallottole di argilla scagliate probabilmente contro gli autori delle impronte, a scopo iniziatico per i giovani cacciatori.

Qualcosa di simile sopravviveva ancora tra i Lapponi del XVII secolo che usavano gettare palle di fango contro una pelle d'orso come rituale magico. Un'altra ipotesi vuole che i riti fossero legati alla sopravvivenza, come possibile "esultanza" per essere rimasti incolumi dall'esplorazione della grotta; ma una risposta chiara e definitiva, probabilmente, non si saprà mai.

La grotta è importante anche per la presenza, in un laghetto al suo interno, di un minuscolo crostaceo preistorico sopravvissuto all'estinzione: il Niphargus, simile ad un gambero e quasi trasparente, che raggiunge una lunghezza massima di 7 mm. La grotta è collegata, tramite un tunnel artificiale, con la vicina grotta di Santa Lucia Inferiore. L'itinerario, lungo poco più di 800 metri, è perfettamente attrezzato per ospitare presenze turistiche e registra annualmente una media di poco meno di 100.000 visitatori.
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mercoledì 25 agosto 2010

Il parco più bello d'Italia nel 2010 è il Parco del Castello di Racconigi (Piemonte).

Il Parco del Castello di Racconigi è “Il Parco più bello d’Italia 2010”: la giuria del famoso premio nazionale – giunto quest’anno all’ottava edizione – l’ha scelto in una rosa di dieci finalisti. La cerimonia di premiazione si svolgerà a fine settembre al Castello di Racconigi.

“Questo premio – ha detto il direttore regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte, Mario Turetta – è un riconoscimento al lavoro trentennale svolto dal Castello di Racconigi e dalla Soprintendenza ai Beni Architettonici e Paesaggistici e alla grande attenzione che è stata riservata alla manutenzione del parco e alle attività di valorizzazione e promozione. Il premio, inoltre, è un riconoscimento alla memoria di Mirella Macera, lungimirante coordinatrice di tutti gli interventi che hanno permesso di creare una perfetta sinergia tra il parco e il territorio circostante”.

La giuria – come è stato scritto nella motivazione del premio – ha voluto premiare il Castello di Racconigi nel ricordo dell'eccezionale lavoro svolto dalla direttrice Macera, che ha dedicato la vita alla professione e in particolare a Racconigi, luogo per il quale ha sempre nutrito un amore infinito: “Sentiva, forte, l’esigenza di formare professionalità e di lasciare un’eredità gestionale in cui continuità e innovazione, rispetto e sfida, formassero un tutt’uno”, è stato scritto dalla giuria.

Gli esperti che hanno eletto vincitore il Parco del Castello di Racconigi sono sette specialisti del settore, membri di prestigiosi comitati nazionali e internazionali: Vincenzo Cazzato (presidente), Margherita Azzi Vicentini, Alberta Campitelli, Marcello Fagiolo, Ines Romitti, Rossella Sleiter e Luigi Zangheri.

I vincitori delle precedenti edizioni sono stati il Giardino di Valsanzibio di Galzignano Terme (2003), il Giardino La Mortella di Ischia (2004), i Giardini di Castel Trauttmansdorff di Merano (2005), Villa d’Este a Tivoli (2006), l’Isola Bella Borromeo di Stresa (2007), Villa Pisani a Strà (2008), e la Reggia di Caserta (2009).

Il concorso “Il Parco Più Bello” è un concorso dedicato a parchi e giardini, organizzato ogni anno da Briggs & Stratton, azienda produttrice di motori per macchine da giardino. È stato organizzato con il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, del FAI (Fondo Ambiente Italiano), e dell'AIAPP (Associazione Italiana Architettura del Paesaggio).

Ulteriori informazioni sul concorso sul sito Internet: www.ilparcopiubello.it

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Monti Dauni: le tracce del lupo nei borghi pugliesi.

Vivere la vacanza nei Monti Dauni è vivere un’esperienza mai banale che sa regalare emozioni, far rilassare, ma anche educare e divertire. Si può apprezzare e respirare la cultura e la storia visitando fortificazioni, musei e siti archeologici.

Rimanere affascinati dalle bellezze artistiche e architettoniche che compongono i borghi storici. Percepire la spiritualità e devozione dei luoghi sacri, dei santuari e delle chiese.

Immergersi nella natura, deliziandosi con la visita a boschi, parchi eolici o avventurandosi lungo percorsi naturalistici. Imparare e divertirsi insieme ai propri bimbi partecipando ad attività didattiche o itinerari culturali.

Nutrire il fisico e lo spirito dedicandosi alle molteplici attività e sport all’aria aperta. Ci si può infine rilassare e concedersi qualche cura di benessere. Senza dimenticare le occasioni di intrattenimento. Il panorama di eventi, manifestazioni, fiere ed iniziative culturali è davvero ricchissimo, durante tutto il corso dell’anno.

In queste occasioni si può assaporare l’identità del luogo attraverso la degustazione dei suoi prodotti eno-gastronomici, apprezzando l’artigianato locale, o ancora partecipando ad un evento religioso, teatrale o musicale. In questa sezione troverete le descrizioni e tutti i riferimenti per vivere il territorio in tutte le sue espressioni.

Il territorio dei Monti Dauni è caratterizzato da diverse zone di alto valore naturalistico e paesaggistico. Si trovano bellissimi specchi d’acqua naturali o artificiali, giardini e orti botanici, aree faunistiche e tante altre zone naturali dove è possibile effettuare meravigliose escursioni.

Numerosi sono anche i parchi eolici.

Tutte queste zone possono essere visitate percorrendo i vari sentieri tracciati nei secoli dal passaggio degli animali e poi sfruttati dall’uomo o realizzati dall’uomo stesso. Molte di queste zone hanno anche aree pic-nic o aree ristoro dove è possibile effettuare piacevoli soste.

All’interno del territorio dei Monti Dauni diverse sono le aree di interesse naturalistico di rilevante importanza, come le aree SIC (Siti di Interesse Comunitario), i giardini, gli orti botanici e le aree faunistiche.

Le aree SIC presenti nel territorio sono: la Valle del Cervaro, Bosco dell’Incoronata caratterizzata dalla presenza del corso Cervaro, con formazioni di vegetazione ripariale di notevole importanza; l’area del Monte Sambuco che presenta un esteso bosco mesofilio; la Valle del Fortore – Lago di Occhito, area protetta con un invaso di origine artificiale in fase di lenta naturalizzazione, e il fiume Fortore, caratterizzato da una interessante vegetazione arborea ripariale, e dal piccolo e pregevole bosco Dragonara, importante dal punto di vista avifaunistico.

L’area di Accadia – Deliceto ricca di boschi caducifogli e caratterizzata dalla presenza, lungo il torrente Frugno, di una caratteristica foresta a galleria di Salice e Pioppo; il Monte Cornacchia - Bosco di Faeto dove il monte Cornacchia (1100 m s.l.m.) costituisce la vetta più alta della Puglia; la Valle Ofanto, sito di elevato valore paesaggistico, archeologico e naturalistico, dove è stato possibile avvistare la lontra.
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Come arrivare.

Il territorio dei Monti Dauni è posto geograficamente al confine della Puglia con la Basilicata a sud-ovest, con la Campania ad ovest e nord-ovest, del Molise a nord-ovest e nord e ad est con la pianura del Tavoliere.

IN AUTO

Da est:

percorrendo la S.S. 17 da Foggia in direzione di Campobasso, si entra nei territori dei Monti Dauni passando da Lucera.
Sempre da Foggia, si attraversa la parte centrale dei Monti Dauni con la S.S.90 in direzione Benevento.
Arrivando da Bari, si percorre l’A16 Napoli-Canosa uscita per Candela.

Da ovest:

provenendo da Campobasso si percorre la S.S.17 in direzione Foggia, entrando nei territori dei Monti Dauni passando nei pressi del lago di Occhito.
Da Benevento si percorre la S.S. 90 in direzione Foggia per attraversare la parte centrale dei Monti Dauni.
Da Napoli si percorre l’A16 Napoli-Canosa in direzione di Bari uscita per Lucera (o Candela).

Da nord:

Arrivando da nord con l’A14 uscire a San Severo e prendere la S.P. 109 in direzione Lucera, di seguito la S.S. 17 in direzione Campobasso.
Alternativamente proseguire sull’A14 ed uscire al casello di Foggia e prendere la S.S.90 in direzione Benevento, altrimenti la S.S. 655 in direzione di Candela.

Da sud:
Provenendo da sud, si può prendere la S.S.658 da Potenza in direzione di Melfi-Foggia.

IN AEREO

L’aeroporto Gino Lisa di Foggia è il più vicino ai Monti Dauni ed è collegato a molte città italiane tra cui Milano, Palermo, Roma e Torino.

In alternativa, vi sono l’aeroporto di Capodichino di Napoli o il Karol Wojtyla di Bari.

IN TRENO

Da Roma:
tratta per Foggia o per Benevento.

Dalla costa adriatica:
tratta per Foggia e da Foggia regionale per Benevento.

Da Napoli:
tratta per Benevento e da Benevento regionale per Foggia.
Il regionale Foggia - Benevento ferma nelle stazioni di Panni, Orsara di Puglia e Bovino.

IN BUS

I comuni dei Monti Dauni sono collegati alle stazioni di Foggia e Benevento. I servizi di autolinee sono: Ferrovie del Gargano, Sitabus, Acapt e Clp Bus.

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