La Riserva Naturale Monterano, istituita nel 1988, tutela uno degli angoli più rappresentativi ed intatti della Tuscia Romana, tra i Monti della Tolfa e i Monti Sabatini, tutelati da un’altra area protetta.
La Riserva Naturale, oggi meta di migliaia di visitatori provenienti da tutta Italia e dall’Europa (attratti dai suoi paesaggi naturali e dalle rovine dell’antica Monterano in cui sono stati ambientati decine di film), dopo un ampliamento dei suoi confini nel 1993, copre oggi poco più di 1.000 ettari di terreno, che custodiscono una grande varietà di ambienti ed una esuberante biodiversità.
Boschi collinari, forre vulcaniche con vegetazione tipica e felci rarissime, prato-pascoli con la loro tipica flora e fauna; il tutto attraversato da un corso d’acqua, il Fiume Mignone, incluso nei Siti di Interesse Comunitario che costituiscono patrimonio dell’intera Unione Europea nell’ambito della Rete Natura 2000.
Di grande interesse storico-archeologico, ma anche fonte di continue suggestioni panoramiche, la città “morta” di Monterano, con il suo palazzo ducale, l’acquedotto su ardite arcate, la splendida fontana berniniana del leone, il Convento di S. Bonaventura e il tessuto di edifici minori che spesso affondano le loro radici su antiche preesistenze etrusche. Oggi questo ricco patrimonio culturale, grazie alla presenza dell’area protetta, è oggetto di accurati restauri conservativi che contrastano l’incessante opera demolitrice del tempo.
Visitare la Riserva Naturale Monterano significa immergersi in un viaggio nel tempo: tempo dell’uomo con le sue vicende antiche di oltre 3.000 anni, ma anche i tempi molto più lunghi della Natura, che ha modellato questo paesaggio straordinario. Una visita che va fatta prendendosi il tempo dovuto, con calma, soffermandosi sugli spettacolari paesaggi ma anche su piccoli particolari: il volo di una libellula sull’acqua, il gorgogliare di una polla di acqua sulfurea nascosta nella vegetazione, il passaggio furtivo di un picchio o la ricerca, osservando il cielo soprattutto dopo il levarsi del vento, dei grandi rapaci in volo.
Prendetevi anche un momento per uno scambio di impressioni con uno dei tanti anziani di Canale che saranno ben lieti di rievocare fatti e vicende svoltesi in quel territorio a cui sentono, in modo così forte, di appartenere.
Il territorio monteranese si inserisce nel quadro geologico della più vasta regione tolfetano-sabatina, della quale custodisce aspetti rappresentativi. Sui sedimenti calcarei che formano la "base" della serie geologica locale, non affioranti nel territorio monteranese, si sovrappongono i ben noti "flysch" tolfetani. Si tratta di strati sovrapposti di marne (rocce a metà strada tra calcare ed argilla), argilliti (argille trasformate in roccia), arenarie (sabbie trasformate in roccia) e calcari, originatisi tra il Cretaceo ed il Paleogene (quindi tra 90 e 60 milioni di anni fa) nell’ambito dell’antico oceano Tetide.
Questi sedimenti sono poi stati "trasportati" a grande distanza dal luogo di sedimentazione, come dimostra il notevole stato di "disturbo" degli strati rocciosi (in origine orizzontali, oggi intensamente piegati e fratturati). Queste rocce di origine marina sono diffuse nel settore settentrionale ed occidentale della Riserva Naturale (zone della Bandita, Monte Angiano, Monte Ciriano). Al periodo Plio-pleistocenico (tra 5 e 1 milione di anni fa) risalgono sedimenti, anch’essi di origine marina costituiti da argille, argille sabbiose con frequente presenza di lenti e cristalli isolati di gesso, presenti in alcuni limitati settori della riserva (zona di Poggio li Cioccati). I terreni marini sopra descritti nella zona orientale dell’area protetta sono coperti da terreni vulcanici prodotti dall’antico apparato sabatino (zona di Bracciano).
Tra questi i cosiddetti "peperini listati" affioranti lungo la valle del Mignone, il Fosso della Palombara e la Valle del Bicione (formati da eruzioni circa 700.000 anni fa), tufi ("Tufo di Bracciano", "Tufo Rosso a scorie nere", visibile nella zona della Greppa dei Falchi), colate laviche come quella visibile presso il casale della Palombara. Le diverse rocce hanno dato luogo a varie forme di paesaggio: ondulazioni collinari con valli fluviali ampie, con versanti a declivio dolce dove sono presenti rocce sedimentarie; valli strette con pareti verticali, dove affiorano tufi e peperini. Numerose le aree interessate da ricerche minerarie (zolfo, manganese) e le emissioni di acque mineralizzate.
Le Rocce Sedimentarie.
Il paesaggio vulcanico e sedimentario che costituisce il comprensorio Tolfetano è modellato dal corso del Fiume Mignone e dei suoi affluenti. Il Mignone, nel suo tratto di media valle, attraversa la Riserva naturale Monterano per circa 8 Km, segnando abbastanza nettamente il confine tra il settore con rocce sedimentarie, sulla sua destra idrografica, e quello vulcanico, in sinistra. Le rocce sedimentarie sono quelle originate da processi erosivi e di disgregazione di rocce preesistenti ad opera del mare, dei corsi d’acqua, del ghiaccio, del vento o dalla successiva deposizione e consolidamento dei detriti, quasi sempre dopo una fase di trasporto da parte degli stessi agenti che abbiamo citato. I terreni di origine sedimentaria sono qui costituiti da “Unità alloctone” cioè da intere formazioni rocciose, spesse centinaia e centinaia di metri, originatesi molto lontano, sul fondo di antichi mari o in ambienti costieri, e “trasportate” per centinaia di chilometri da quelle forze interne al nostro Pianeta che hanno spostato interi continenti, innalzato catene montuose e creato nuovi mari. La più importante di queste formazioni è quella dei "Flysch tolfetani”. Questo strano nome di origine svizzero-tedesca indica rocce originate da enormi frane sottomarine createsi nell’intervallo tra il Cretaceo ed il Paleogene, cioè tra 65 e 23 milioni di anni fa. All’interno di questa formazione troviamo serie di rocce quali gli argilloscisti varicolori (Cretacico medio), costituiti da argille scistose (cioè formate da tanti “foglietti” di roccia argillosa sovrapposti) e la ben più dura e compatta Pietraforte (Cretaceo Superiore - Paleocene).
L’ambiente in cui si sono formati era quello di un mare temperato-caldo, non molto profondo e non lontano dalla costa e dalle foci di fiumi che trasportavano enormi quantità di sedimenti che, periodicamente, davano origine a gigantesche frane sottomarine. Il vero e proprio flysch argilloso - calcareo (Cretaceo superiore - Paleocene), costituito da argille e calcari marnosi (sono rocce calcaree “sporche” per la presenza di una cospicua componente di argilla), costituisce gran parte degli affioramenti sedimentari all’interno del territorio della Riserva Naturale (zone della Bandita, Monte Angiano, Monte Ciriano). Interessante la presenza di pietra paesina, una roccia assai decorativa formata da tante piccole fratture e settori di forma geometrica con diversa colorazione dovuta alla presenza di ossidi. Più limitati i settori con rocce argillose più recenti, formatesi sul fondo del mare pochi milioni di anni fa (ma rimaste sul posto, senza grandi spostamenti come avvenuto per i fondi dei mari più antichi), quando le uniche zone emerse di questo settore del futuro Lazio costiero era costituito da una serie di isolotti vulcanici. Oggi i rilievi dei Monti della Tolfa, di Monte Calvario, che svetta per 545 m s.l.m. sull’abitato di Canale Monterano, dei Monti Ceriti ci ricordano le isole sparse sull’antico mare, soprattutto quando, qualche giorno all’anno, in autunno, emergono dalla fitta nebbia di fondovalle.
Le rocce sedimentarie sono ricche, in questo territorio, di argille e ciò le rende assai impermeabili: l’acqua non riesce ad infiltrarsi ed il sottosuolo è quasi privo di falde idriche. Le colline di origine sedimentaria sono quelle più soggette all’erosione, soprattutto dove manca il bosco o dove il pascolo è eccessivo: i valori di trasporto solido (cioè la quantità di detrito che viene trasportata dai corsi d’acqua) registrati evidenziano un indice di erosione elevato, quantificato in 682 tonnellate/Kmq/anno di terreno eroso e trasportato a mare. La forma di paesaggio che deriva da queste rocce e dall’intensa erosione cui sono sottoposte è caratterizzata da colline dai versanti “dolci”, poco inclinati e valli molto aperte. Da qui l’importanza di assicurare la protezione dei boschi e delle aree cespugliate, queste ultime essenziali per la tutela del suolo e la rinnovazione del bosco, e la corretta gestione dei pascoli, dove il numero dei capi non deve superare la capacità di carico, cioè la quantità di capi che quel terreno, come produttore di alimento può sopportare in un dato periodo senza subire degrado della copertura vegetale e, quindi, erosione.
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