II fuoco del camino crepita piano mentre all'orizzonte il sole incendia, con i suoi bagliori fantastici, i boschi di castagni. La pianura lentamente si oscura, soffusa da una nebbia azzurrina, e la notte scende dai profondi calanchi.
Nella sua bella casa sulle colline di Cortemilia, nell'Alta Langa, lo scrittore Renzo Barbieri mostra il voluminoso manoscritto del libro che ha appena terminato di scrivere. "Per il mio ultimo romanzo ho tratto ispirazione da questa terra piena di contraddizioni, in cui la memoria del passato e gli stereotipi del gramo vivere contadino si intrecciano con la prelibatezza della cucina d'antan e con una speranza, confusa, ma vitale, per il futuro".
Comincia con questa conversazione l'itinerario goloso nell'Alta Langa: 43 Comuni spesso dimenticati da chi si occupa della "bassa" Langa, quella più conosciuta, con Alba capitale. L n territorio che può sembrare a tratti selvaggio, sicuramente dispensatore di miti suggestivi, come quello tutto letterario della fontana dello Scorrone, nella montagna di Castino, proprio in fronte all'abitazione di Barbieri. "Passavo allo Scarrone (così la chiama Pavese), a mezza costa per Castina - qualche casa, niente di più -, ma allo Scarrone c'è la fontana dell'acqua igienica - Ma-sin non seppe mai perché - e venivano fin da Alba o da Asti in comitiva per berne. Quel che stupisce è die nessun albergatore abbia, mai pensato di farci l'Hotel nella pe-nombra di quegli alberi enormi che sovrastano lo spiazzo".
La fontana esiste ancora, anche se è una struttura moderna in cemento che ha modificato i caratteri origina-ri. Si trova a sinistra della borgata di Scorrone. Il ristorante accanto alla fonte ora è stato costruito; fortunatamente, come auspicava Pavese, è una tranquilla osteria di campagna che propone tutt'oggi menu tipici della tradizione langarola (Trattoria Scorrone, via Scorrone 64, telefono 0141/88 f 17, chiuso il martedì sera e mercoledì).
A gestirla è Bruna Gallo, che non manca di rispettare la consuetudine con un'apertura a tutto antipasto, proseguendo poi con i buoni tajarin e gli immancabili ravioli al plin (cioè al pizzicotto, perché con questo gesto tradizionalmente se ne fermano le estremità); secondo la disponibilità ci sono sempre cacciagione, funghi e tartufi.
Per arrivare a Castine ("... è un paese sempre battuto da un vento frizzante e di là si vedono fiumi lontani, piccini, nei vapori. Verso sera specialmente, pare di essere in cielo"\ scrive Pavese nel suo "Ciau Masino"), centro di intensa vita religiosa nel Medioevo tanto da meritare menzione in diverse bolle papali, bisogna risalire da un paio di chilometri.
Vale la pena di recarsi al monastero del XV secolo, di fronte alla chiesa parrocchiale, il più importante dei tre che anticamente appartenevano al Comune. Merita anche una piccola deviazione "sentimentale" la visita della cascina Pavaglio-ne, nella contrada di San Bovo, scelta da Fenoglio per ambientarivi il suo romanzo più famoso: "La Malora".
Prima di imboccare la discesa tutta curve verso Cortemilia, anticamente il più potente e antico paese delle Langhe, sarà bene fermarsi per una sosta golosa agli alimentari "Vola" (via Nazionale 6, telefono 0173/84045). Quasi nascosti fra forme di pane e scatole di pasta secca, è qui che si trovano i deliziosi ravioli al plin che Roselda e Pierà producono giornalmente nel loro laboratorio, tirando la pasta rigorosamente a mano.
La ricetta è quella codificata dalla mamma Giuseppina, che prevede fra gli ingredienti carne di maiale, di vitello e verdure di stagione. Raggiunta Cortemilia, che come rivela il dialetto piemontese Curt-miia prende il nome da "corte di Emilio" (Scauro), console romano che combattè le antiche popolazioni liguri dei Stazielli Statellati, l'esperienza di "andar per langa" si fa più intrigante.
Il panorama di fondo valle, dietro le divagazioni del torrente Uzzone, esprime scorci paesaggistici veramente emozionanti. La cittadina fu nodo cruciale di una delle più importanti "vie del sale", percorse dai commercianti che dalla Liguria risalivano le valli, su, su fino a Torino per scambiare sale, acciughe e pesci con vino e formaggi, e oggi si rivela un'insospettabile miniera di spunti da approfondire.
Celebrata "regina delle Langhe" e incoronata più recentemente "capitale della nocciola", quella a denominazione d'origine "tonda e gentile" cui è dedicata una intera settimana di festa a fine agosto, era anticamente una struttura difensiva distribuita su cinque fortificazioni.
Di tutto ciò non rimane che un tratto di mura e una torre smozzicata che sovrasta e domina i due borghi divisi dal Bormida: San Michele, sulla riva sinistra del fiume, e San Panta-leo. Migliore sorte è fortunatamente toccata alla chiesa della Madonna della Pieve, costruzione a un'unica navata e abside semicircolare, originaria dell'XI secolo, che tradizione vuole ospitasse S. Francesco d'Assisi nel suo viaggio in Francia e recentemente restaurata per riportare nella giusta luce le decorazioni di gusto barocco.
Anche dal punto di vista enogastronomico Cortemilia offre numerosi spunti di interesse. Un percorso ideale può cominciare dall'"Enoteca Rossello", che, arrivando da Castino, si incontra sulla sinistra prima di imboccare il rettilineo che porta al ponte sul Bormida (strada per Castino, telefono 0173/81349, dalle 8 alle 12 e dalle 14 alle 18). Oltre ai vini di Langa (Roero Arneis, Favorita, Dolcetto, Barbera, Grignolino, Nebbiolo, Barbaresco e il "re" Barolo), al suo interno ospita un angolo alimentare dove è possibile scegliere fra varie specialità. Solo per citarne alcuni: torte casalinghe alla nocciola, prelibatezze in vasetto (funghi e tomini tartufati sott'olio, cagna di mostarda d'uva, burro con acciughe e tartufi), salami (tradizionali, sott'olio, al Barolo e all'immancabile tartufo).
La bianca presenza del tartufo
Non è un caso che il tartufo sia così presente. Quello dell'Alta Langa, bianco come quello di Alba e - dicono con una punta di orgoglio campanilistico i "trifolao" altolan-garoli - più profumato di quest'ultimo, è u-na costante della cucina tradizionale in autunno. E non solo di questa. Nella sua distilleria familiare, Sergio Castelli (corso Luigi Einaudi 55, telefono 0173/81093) lo usa addirittura in infusione per aromatizzare u-na piccola partita di grappa che produce prevalentemente a uso dei turisti tedeschi e svizzeri. "Ha un profumo molto intenso e il prezzo di vendita" - confessa - "è comprensibilmente elevato".
Da Castelli si possono trovare, però, anche le grappe più tradizionali, da quella Bianc & Nai (bianco e nero, da vinacce nere di Dolcetto e bianche di Arneis) alla Branda (da vinacce delle migliori annate di Barolo, 55°), senza dimenticare quelle monovitigno, fra cui una - introvabile - di Pelaverga, piacevolmente secca e profumata. La grappa di Castelli si può gustare anche comodamente seduti, dopo pranzo, nel migliore ristorante di Cortemilia, il "San Carlo" (corso Divisioni Alpine 41, telefono 0173/81546, chiuso il lunedì), che è anche un confortevole albergo a tre stelle. Carlo Zarri, aiutato in sala dalla moglie Paola, e sua sorella Consuelo, in cucina, propongono piatti langaroli rivisitati creativamente, serviti con cura e accompagnati dai vini d'annata dei più qualificati produttori piemontesi.
In questa stagione, però, vale forse la pena di affidarsi al più tradizionale menu degustazione che gli Zarri preparano appositamente in onore del tartufo bianco e in cui non mancano anche piacevoli sorprese che introducono alla riscoperta di una cucina in via di estinzione. Come le caratteristiche Jrizze, realizzate con un impasto a base di fegato di maiale e cervella di vitello, rosolate in olio
Nella sua bella casa sulle colline di Cortemilia, nell'Alta Langa, lo scrittore Renzo Barbieri mostra il voluminoso manoscritto del libro che ha appena terminato di scrivere. "Per il mio ultimo romanzo ho tratto ispirazione da questa terra piena di contraddizioni, in cui la memoria del passato e gli stereotipi del gramo vivere contadino si intrecciano con la prelibatezza della cucina d'antan e con una speranza, confusa, ma vitale, per il futuro".
Comincia con questa conversazione l'itinerario goloso nell'Alta Langa: 43 Comuni spesso dimenticati da chi si occupa della "bassa" Langa, quella più conosciuta, con Alba capitale. L n territorio che può sembrare a tratti selvaggio, sicuramente dispensatore di miti suggestivi, come quello tutto letterario della fontana dello Scorrone, nella montagna di Castino, proprio in fronte all'abitazione di Barbieri. "Passavo allo Scarrone (così la chiama Pavese), a mezza costa per Castina - qualche casa, niente di più -, ma allo Scarrone c'è la fontana dell'acqua igienica - Ma-sin non seppe mai perché - e venivano fin da Alba o da Asti in comitiva per berne. Quel che stupisce è die nessun albergatore abbia, mai pensato di farci l'Hotel nella pe-nombra di quegli alberi enormi che sovrastano lo spiazzo".
La fontana esiste ancora, anche se è una struttura moderna in cemento che ha modificato i caratteri origina-ri. Si trova a sinistra della borgata di Scorrone. Il ristorante accanto alla fonte ora è stato costruito; fortunatamente, come auspicava Pavese, è una tranquilla osteria di campagna che propone tutt'oggi menu tipici della tradizione langarola (Trattoria Scorrone, via Scorrone 64, telefono 0141/88 f 17, chiuso il martedì sera e mercoledì).
A gestirla è Bruna Gallo, che non manca di rispettare la consuetudine con un'apertura a tutto antipasto, proseguendo poi con i buoni tajarin e gli immancabili ravioli al plin (cioè al pizzicotto, perché con questo gesto tradizionalmente se ne fermano le estremità); secondo la disponibilità ci sono sempre cacciagione, funghi e tartufi.
Per arrivare a Castine ("... è un paese sempre battuto da un vento frizzante e di là si vedono fiumi lontani, piccini, nei vapori. Verso sera specialmente, pare di essere in cielo"\ scrive Pavese nel suo "Ciau Masino"), centro di intensa vita religiosa nel Medioevo tanto da meritare menzione in diverse bolle papali, bisogna risalire da un paio di chilometri.
Vale la pena di recarsi al monastero del XV secolo, di fronte alla chiesa parrocchiale, il più importante dei tre che anticamente appartenevano al Comune. Merita anche una piccola deviazione "sentimentale" la visita della cascina Pavaglio-ne, nella contrada di San Bovo, scelta da Fenoglio per ambientarivi il suo romanzo più famoso: "La Malora".
Prima di imboccare la discesa tutta curve verso Cortemilia, anticamente il più potente e antico paese delle Langhe, sarà bene fermarsi per una sosta golosa agli alimentari "Vola" (via Nazionale 6, telefono 0173/84045). Quasi nascosti fra forme di pane e scatole di pasta secca, è qui che si trovano i deliziosi ravioli al plin che Roselda e Pierà producono giornalmente nel loro laboratorio, tirando la pasta rigorosamente a mano.
La ricetta è quella codificata dalla mamma Giuseppina, che prevede fra gli ingredienti carne di maiale, di vitello e verdure di stagione. Raggiunta Cortemilia, che come rivela il dialetto piemontese Curt-miia prende il nome da "corte di Emilio" (Scauro), console romano che combattè le antiche popolazioni liguri dei Stazielli Statellati, l'esperienza di "andar per langa" si fa più intrigante.
Il panorama di fondo valle, dietro le divagazioni del torrente Uzzone, esprime scorci paesaggistici veramente emozionanti. La cittadina fu nodo cruciale di una delle più importanti "vie del sale", percorse dai commercianti che dalla Liguria risalivano le valli, su, su fino a Torino per scambiare sale, acciughe e pesci con vino e formaggi, e oggi si rivela un'insospettabile miniera di spunti da approfondire.
Celebrata "regina delle Langhe" e incoronata più recentemente "capitale della nocciola", quella a denominazione d'origine "tonda e gentile" cui è dedicata una intera settimana di festa a fine agosto, era anticamente una struttura difensiva distribuita su cinque fortificazioni.
Di tutto ciò non rimane che un tratto di mura e una torre smozzicata che sovrasta e domina i due borghi divisi dal Bormida: San Michele, sulla riva sinistra del fiume, e San Panta-leo. Migliore sorte è fortunatamente toccata alla chiesa della Madonna della Pieve, costruzione a un'unica navata e abside semicircolare, originaria dell'XI secolo, che tradizione vuole ospitasse S. Francesco d'Assisi nel suo viaggio in Francia e recentemente restaurata per riportare nella giusta luce le decorazioni di gusto barocco.
Anche dal punto di vista enogastronomico Cortemilia offre numerosi spunti di interesse. Un percorso ideale può cominciare dall'"Enoteca Rossello", che, arrivando da Castino, si incontra sulla sinistra prima di imboccare il rettilineo che porta al ponte sul Bormida (strada per Castino, telefono 0173/81349, dalle 8 alle 12 e dalle 14 alle 18). Oltre ai vini di Langa (Roero Arneis, Favorita, Dolcetto, Barbera, Grignolino, Nebbiolo, Barbaresco e il "re" Barolo), al suo interno ospita un angolo alimentare dove è possibile scegliere fra varie specialità. Solo per citarne alcuni: torte casalinghe alla nocciola, prelibatezze in vasetto (funghi e tomini tartufati sott'olio, cagna di mostarda d'uva, burro con acciughe e tartufi), salami (tradizionali, sott'olio, al Barolo e all'immancabile tartufo).
La bianca presenza del tartufo
Non è un caso che il tartufo sia così presente. Quello dell'Alta Langa, bianco come quello di Alba e - dicono con una punta di orgoglio campanilistico i "trifolao" altolan-garoli - più profumato di quest'ultimo, è u-na costante della cucina tradizionale in autunno. E non solo di questa. Nella sua distilleria familiare, Sergio Castelli (corso Luigi Einaudi 55, telefono 0173/81093) lo usa addirittura in infusione per aromatizzare u-na piccola partita di grappa che produce prevalentemente a uso dei turisti tedeschi e svizzeri. "Ha un profumo molto intenso e il prezzo di vendita" - confessa - "è comprensibilmente elevato".
Da Castelli si possono trovare, però, anche le grappe più tradizionali, da quella Bianc & Nai (bianco e nero, da vinacce nere di Dolcetto e bianche di Arneis) alla Branda (da vinacce delle migliori annate di Barolo, 55°), senza dimenticare quelle monovitigno, fra cui una - introvabile - di Pelaverga, piacevolmente secca e profumata. La grappa di Castelli si può gustare anche comodamente seduti, dopo pranzo, nel migliore ristorante di Cortemilia, il "San Carlo" (corso Divisioni Alpine 41, telefono 0173/81546, chiuso il lunedì), che è anche un confortevole albergo a tre stelle. Carlo Zarri, aiutato in sala dalla moglie Paola, e sua sorella Consuelo, in cucina, propongono piatti langaroli rivisitati creativamente, serviti con cura e accompagnati dai vini d'annata dei più qualificati produttori piemontesi.
In questa stagione, però, vale forse la pena di affidarsi al più tradizionale menu degustazione che gli Zarri preparano appositamente in onore del tartufo bianco e in cui non mancano anche piacevoli sorprese che introducono alla riscoperta di una cucina in via di estinzione. Come le caratteristiche Jrizze, realizzate con un impasto a base di fegato di maiale e cervella di vitello, rosolate in olio
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