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venerdì 30 luglio 2010

Parco Naturale Regionale del Beigua: un mosaico di ambienti.

In un territorio ricco di contrasti come la Liguria, stretta tra le montagne ed il mare, il Parco del Beigua - il più vasto parco naturale regionale della Liguria - costituisce uno spaccato esemplare della regione ove è possibile trovare, nel percorrere tratti anche di breve sviluppo, ambienti e paesaggi decisamente diversificati: uno spettacolare balcone formato da montagne che si affacciano sul mare dove natura, storia, cultura e antiche tradizioni costituiscono elementi di straordinario pregio ed interesse.


Un Parco per la tutela della biodiversità.

Ventisei chilometri di crinali montuosi, a due passi dalla Riviera Ligure, che si sviluppano dal Colle del Giovo al Passo del Turchino con andamento parallelo alla costa, passando per le vette del M. Beigua (1287 m), della Cima Frattin (1145 m), del M. Rama (1148 m) del M. Argentea (1082 m) e del M. Reixa (1183 m) e che racchiudono praterie e preziose zone umide, fitte foreste di faggi, roveri e castagni, rupi scoscese e affioramenti rocciosi, pinete a Pino Marittimo e lembi di vegetazione mediterranea.

Un mosaico di ambienti in ragione del quale il gruppo montuoso del Beigua viene considerato una delle zone più ricche di biodiversità della Liguria: in funzione di tale ricchezza nel comprensorio del Parco sono stati proposti ben 3 Siti di Importanza Comunitaria. La Comunità Europea, attraverso la proposta della Regione Liguria e del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, ha ulteriormente riconosciuto lo straordinario valore naturalistico del Parco del Beigua istituendo una Zona di Protezione Speciale che riveste una particolare importanza per gli uccelli migratori (l'area è riconosciuta come "Area Importante per l'Avifauna" secondo la classificazione del Bird Life International). Sono presenti oltre 80 specie nidificanti talune di grandissimo pregio come l'Aquila reale, il Biancone, il Codirossone, il Succiacapre e l'Averla piccola.

Lungo i suoi percorsi più impervi del Parco e nascosti alla vista dell'uomo transita regolarmente il lupo e dai suoi contrafforti affacciati sul mare non è inusuale scorgere le affusolate sagome delle balene transitare nello specchio acqueo di fronte a Varazze, Cogoleto e Arenzano.


Un comprensorio in cui nel giro di pochi chilometri si possono apprezzare fioriture tipiche della macchia mediterranea o imbattersi in singolari torbiere di alta quota, testimoni di epoche lontane in cui ghiaccio e rocce combattevano la loro battaglia quotidiana per modellare la superficie terrestre.

Un parco in cui è possibile scovare variopinte specie floristiche endemiche (Viola Bertolonii, Cerastium utriense, Asplenium cuneifolium, Daphne cneorum, Cheilantes marantae) e alcuni singolari inquilini appartenenti alla fauna minore (quali il colubro lacertino, il tritone alpestre, il tritone crestato, la rana temporaria, ecc.).


Un parco che annovera al suo interno tre importanti Foreste Demaniali Regionali ("Deiva" in Comune di Sassello, "Lerone" nei Comuni di Arenzano e Cogoleto, "Tiglieto" nei Comuni di Tiglieto, Masone e Campo Ligure) in cui vivono i tipici ungulati dell'Appennino ligure quali cinghiali, caprioli e daini.

Un patrimonio geologico riconosciuto a livello mondiale - Beigua Geopark.

Dal Marzo 2005 il Parco del Begua - Beigua Geopark è riconosciuto come "Geoparco" internazionale nell'ambito della Rete Europea dei Geoparchi e della Rete Globale dei Geoparchi dell'UNESCO.

Il Geoparco del Beigua comprende l'intera superficie classificata come "Parco naturale regionale del Beigua" oltre ad una vasta porzione di territorio funzionalmente connessa al medesimo Parco. Si sviluppa per un'estensione complessiva di 39.230 ettari coinvolgendo i Comuni di Arenzano, Campo Ligure, Cogoleto, Genova, Masone, Rossiglione, Sassello, Stella, Tiglieto e Varazze.
Questo territorio custodisce la storia geologica della Liguria raccontata attraverso affioramenti rocciosi, mineralizzazioni, giacimenti fossiliferi, spettacolari forme modellate senza sosta per effetto degli agenti esogeni.


Tormentati momenti evolutivi hanno forgiato il cuore del parco, costituito in prevalenza da rocce metamorfiche, dette "ofioliti" o "rocce verdi", che derivano da mutamenti chimico - fisici intervenuti su originarie rocce ignee formatesi in ambiente di fondo oceanico. Si tratta in prevalenza di serpentiniti e serpentinoscisti, cui si associano eclogiti metagabbri e prasiniti; vi sono poi le relative sequenze sedimentarie completamente trasformate, sempre in ragione dei processi di metamorfismo e complessivamente denominate calcescisti pur comprendendo al loro interno anche rocce di diversa natura (argilloscisti, calcari cristallini quarzoscisti, ecc.).
Il quadro geologico è completato da formazioni sedimentarie di origine marina che comprendono conglomerati e brecce grossolane, talora alternate a marne e ad arenarie, che affiorano nell'area sassellese, nel varazzino e in Val Gargassa.


Nel vasto comprensorio del Geoparco si registrano particolari caratteristiche geomorfologiche, forme e testimonianze legate, in alcuni casi, a processi morfogenetici scomparsi, che conferiscono al territorio caratteri tali da farne un unicum nel quadro ligure: dai depositi periglaciali presenti nella porzione sommitale del massiccio del Beigua alle forme e processi che testimoniano l'attuale modellamento fluviale (forre e meandri incassati) e gravitativo (frane di crollo e depositi clastici) nei settori di versante, fino ai terrazzi marini che registrano le variazioni del livello marino presenti nella fascia costiera tra Arenzano e Varazze.


Il comprensorio è altresì caratterizzato da interessanti aree paleontologiche, spesso caratterizzate da un contenuto fossilifero abbondante ed in buono stato di conservazione, nonché da siti di interesse mineralogico, famosi soprattutto per la presenza di spettacolari granati, che hanno arricchito le collezioni di tutto il mondo. Da non sottovalutare, infine, la ricchezza delle risorse idriche, che si manifestano in forme superficiali e sotterranee e che alimentano acquiferi significativi in termini quantitativi e qualitativi.


Un Parco per lo sviluppo sostenibile.

Il Parco del Beigua è, altresì, caratterizzato da un prezioso patrimonio di testimonianze storico-culturali, presenti sul territorio o conservate nei musei, che raccontano l'evoluzione degli insediamenti umani dell'area del parco e le importanti vie di commercio tra costa e pianura padana che la attraversavano.

Una così preziosa risorsa da tramandare alle future generazioni rende il parco un territorio speciale non solo per la conservazione della biodiversità, ma anche per la tutela e la valorizzazione dell'identità culturale di ciascuna comunità presente al suo interno, nonché un laboratorio per la sperimentazione e lo sviluppo di attività socio-economiche sostenibili.


A partire dai reperti paletnologici che testimoniano come le selve del Monte Beigua fossero frequentate già in epoca preistorica da cacciatori e pastori, passando al ruolo sempre più importante che la zona assunse quale crocevia di importanti vie di commercio tra la costa e la pianura padana, con il notevole impulso fornito nel territorio della Valle dell'Orba dall'insediamento dei Monaci Cistercensi presso la Badia di Tiglieto (fondata nel 1120), fino alle tradizionali attività agricole e di gestione del bosco che hanno definito l'uso del territorio negli ultimi secoli, il comprensorio del Parco del Beigua ha sempre manifestato una presenza significativa, condizionante e rassicurante dell'uomo a presidio delle risorse ambientali presenti in questa porzione del territorio ligure, laddove è ancora visibile un ricco e diffuso patrimonio dell'edilizia e dei manufatti rurali.

Di particolare interesse anche le diverse attività produttive ed agro-alimentari che hanno contraddistinto il territorio del parco e che in alcuni casi costituiscono, tuttora, motivo di attrazione per turisti: tra le prime ricordiamo l'industria cartaria, concentrata soprattutto nelle valli di Arenzano (Cantarena e Lerone); le ferriere che ebbero il loro massimo sviluppo nel Sassellese e nelle valli Stura e Orba; le vetrerie diffuse dapprima in Valle Stura, quindi anche nella Valle dell'Orba; la filigrana fiorente e caratteristica attività che ha fatto di Campo Ligure un centro artigianale conosciuto a livello internazionale; per non parlare delle produzioni legate alla forestazione ed alla lavorazione del legno (con i tradizionali mestieri dei taglialegna, dei segantini, dei cestai, dei bottai).

Per quanto riguarda le tipiche produzioni agro-alimentari è d'obbligo ricordare il ruolo del castagno, con tutti i piatti che derivano dai suoi copiosi frutti.


Di grande rilevanza l'antichissima tradizione dell'industria dolciaria sassellese, con i tipici amaretti e canestrelli, ormai esportati in tutto il mondo.


Completano il quadro l'apicoltura, le coltivazioni di frutti di bosco e le piante officinali, l'ampia gamma di prodotti caseari (per i quali in Valle Stura è stato individuato anche un percorso culturale - gastronomico: "Le Valli del Latte"), la lavorazione delle carni bovine e ovine, nonché l'ambita raccolta e conservazione dei funghi.

Come arrivare.


In auto

Autostrade:

* A10 Genova - Ventimiglia: caselli di Genova-Voltri, Arenzano, Varazze, Celle Ligure, Albisola;
* A26 Voltri - Santhià: casello di Masone.

Viabilità ordinaria:

* SS 1 Aurelia (lungo la costa)
* SS 334 del Sassello (da Albisola a Sassello)
* SS 542 (da Varazze per Sassello)
* SS 456 del Turchino (da Voltri a Rossiglione)
* SP 49 (da Sassello a Urbe)
* SP 31 (da Urbe a Piampaludo e La Carta)
* SP 1 (da Martina a Tiglieto e a Rossiglione)
* SP 40 (da Varazze ad Alpicella)
* SP 40 (Da Urbe a Vara e al Passo del Faiallo)
* SP 73 (dal Passo del Turchino al Passo del Faiallo)
* Strada Comunale Monte Beigua vetta - Pra Riondo - Piampaludo.

fonte: Parco Naturale Regionale del Beigua


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domenica 23 maggio 2010

Andar per Langhe, un buon motivo per passare un fine settimana in Piemonte.

Le Langhe sono una regione storica del Piemonte situata a cavallo delle province di Cuneo e di Asti, confinante con altre regioni storiche del Piemonte, ossia il Monferrato e il Roero e costituita da un esteso sistema collinare definito dal corso dei fiumi Tanaro, Belbo, Bormida di Millesimo e Bormida di Spigno.

Essa si può suddividere in:

Bassa Langa: zona compresa fra il Tanaro a nord e il Belbo a sud, con quote genericamente inferiori ai 600 m; è la zona dell'Albese, dei vini e del tartufo (rinomato il bianco di Alba).

Alta Langa: è la zona al confine con la Liguria, con quote massime sui 750 m e un picco di 896 m nel comune di Mombarcaro; qui dominano i boschi.

Langa Astigiana: zona nel sud della provincia di Asti, con Canelli a nord e il fiume Bormida di Spigno ad est, con un picco di 851 m nel comune di Serole.

Le Langhe. a novembre, si colo­rano di mille sfumature, ren­dendo ancora più suggestivo il paesaggio di colline che si sus­seguono a perdita d'occhio, come onde del mare. Sono da percorrere in lungo e in lar­go, su e giù, seguendo l'ispirazione del momento.

Ad ogni sosta c'è un castello, una cantina, una trattoria dove fermarsi a mangiare tartufi e i sani cibi della tradi­zione langarola. Conviene iniziare da Al­ba, perché è la capitale del tartufo e il cuo­re di questo territorio. Una visita all'A­zienda di promozione turistica (Palazzo dei congressi, piazza Medford, telefono 0173/35833-362806, aperta anche sabato mattina dalle 9 alle 12), è utile per chiede­re cartine e materiale informativo.
Alba, un tempo, aveva cento torri. Oggi ne so­no rimaste poche, alcune sono state "ab­bassate" (come recitano i cartelli turisti­ci), altre fanno da cornice alla severa piaz­za del Duomo che si raggiunge percorrendo via Cavour tra bei palazzi e case fortificate.
La visita del centro stori­co continua da piazza del Duomo (che in realtà si chiama piazza del Risorgimento) lungo l'antica "via Maestra" (via Vittorio Emanule II), il luogo dello struscio po­meridiano e compendio degli stili archi­tettonici presenti in città: dal medioevale al liberty, dal rinascimentale al barocco. Insemina, tutta la storia di Alba in bella mostra. Al sabato in queste stesse strade c'è il mercato, con le merci più varie: dal­le acciughe sotto sale ai vestiti militari (da usare nelle vigne e nei campi). Su tutto, re­gna il prezioso tartufo bianco (dalle 300 alle SOOmila lire l'etto) con il suo intenso profumo che si espande dal mercato coperto della Maddalena.
Lasciando Alba da piaz­za Monsignor Grassi e imboccando viale Chera-sca ci si dirige verso Neive percorrendo la scenografica strada pano­ramica del Barbaresco e del Moscato. Il paesaggio è davvero magnifico per i fila-ri di vite che si rincorrono talmente ordi­nati da sembrare lì da sempre, nati con la terra, e non dalle mani e dal lavoro del­l'uomo.

Neive appare, con il suo nucleo storico, in cima alla collina. Il borgo an­tico è perfettamente conservato, da per­correre a piedi, cominciando dalla piaz­zetta dei due Municipi, quello vecchio e quello nuovo, su fino alla parrocchiale tar­do barocca e al castello. Anche qui si pos­sono fare acquisti golosi. A pochi chilo­metri da Neive, Mango, famosa per il suo castello costruito sulle fondamenta di una fortezza del XIII secolo.

Nel '700 i mar­chesi Busca lo ingentilirono con giardini e piante esotiche. Oggi è famoso soprat­tutto perché sede dell'Enoteca regionale del Moscato d'Asti e degli Spumanti del Piemonte. Da comprare, oltre ai vini, i tor­roni, i biscotti di melega, il miele, le grap­pe. Treiso è un paesino della bassa Langa dove tutti, o quasi, si dedicano alla ricer­ca dei tartufi. Unica curiosità un campa­nile ancorato a terra, dal 1862, per evitar­ne il crollo, ma è un indirizzo prezioso per mangiare bene e bere ancor meglio.

Nei dintorni di Alba, ma verso sud lungo la provinciale per Barolo, ecco Grinzane Cavour. Il nome fa capire subito che la sua storia è legata alla permanza di Ca-millo Benso che ne fu sindaco per 17 anni. Abitava nel castello, splendido e impo­nente edificio, dedicandosi, tra una pas­sione amorosa e l'altra, alla produzione di grandi vini.
Ancora verso sud, La Morrà. La vista dal borgo spazia su un paesaggio splendido, da ammirare dalla piazza alta. Monforte è l'ultimo contrafforte della Lan­ga del Barolo: un paese con le case antiche come incollate alle pendici del colle. Nel ca­stello, agli inizi dell'anno Mille, si rifugia­rono i Catari che, vinti, furono condotti a Milano per scontare sul rogo la loro eresia.

Come si arriva.

Alba si raggiunge da Torino (da cui dista 62 chilometri) con l'au­tostrada A 21, uscita Asti. Poi si prosegue per chea 30 chilome­tri lungo la statale 231. Da Mi­lano (166 chilometri) si prende l'A 7 Milano-Genova, ci si im­mette sulla A 21 all'altezza di Tortona, direzione Alessandria, e si esce ad Asti. Da Genova Vol-tri (146 chilometri), con l'A 26 fino ad Alessandria, quindi di nuovo l'A 21 per Asti.
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giovedì 29 aprile 2010

Riviera dei Fiori: Taggia ed Arma di Taggia, A tre chilometri dal mare, alle soglie della Valle Argentina, circondate da fiori, ulivi ed agrumi.

TAGGIA - A tre chilometri dal mare, alle soglie della Valle Argentina, circondata da fiori, ulivi ed agrumi, sorge Taggia, uno dei centri più antichi ed illustri della Riviera.

E famosa per la caratteristica struttura medioevale, le torri, le mura e soprattutto per le opere d'arte, conservate nel Convento dei Domenicani, il complesso monumentale più importante della Liguria occidentale.

Patria di uomini illustri, tra i quali GiovanniRuffini, autore del "Dottor Antonio", Taggia costituisce il completamento storico-artistico della vicina Arma di Taggia.


Taggia si raggiunge da Arma di Taggi:

con il filobus / l'automobile:
strada provinciale per la Valle Argentina

Visita alla città:

Per il visitatore che disponga di tempo (tre ore circa) si consiglia la visita della città, seguendo un itinerario di estremo interesse storico, artistico e culturale.

Abbandonata la Via Aurelia, risalendo la direttrice per la Valle Argentina, pochi chilometri prima del borgo medievale di Taggia, si erge, su dolce collinetta, il Convento di San Domenico dell'Ordine dei Frati Predicatori Domenicani, pregevole centro di storia, cultura ed arte, la maggior pinacoteca del Ponente ligure, che custodisce affreschi e tele di notevole valore artistico, con annessa biblioteca.

Nel suo chiostro, a forma quadrata, sorretto da svettanti colonne in pietra nera, un gruppo di orologi solari, con ore planetarie, ìtaliche e francesi. Il complesso conventuale fu fondato, nel 1459, dal padre domenicano Cristoforo da Milano. La sua costruzione ebbe inizio nel 1460. L'attigua chiesa venne consacrata nel 1490. Il convento, più volte saccheggiato nel corso dei secoli, appare oggi completamente restaurato.

Poco lungi dal Convento di San Domenico, si apre Via Bastioni. Qui si incontrano le antiche mura e le fortificazioni del borgo, a testimonianza delle incursioni saracene e barbaresche, che la popolazione tabiese subì nei secoli.

L'accesso alla città fortificata è segnato dalla Porta Pretoria, oltrepassata la quale, l'alternativa è di tutto interesse:

- un primo percorso risale la Via Santa Lucia per raggiungere, attraverso stradine acciottolate, la prima cerchia di mura del secolo X, indi la Cappelletta di Santa Lucia e l'Acropoli dominata dal Castello;

- altro percorso, pur sempre suggestivo, propone l'imbocco di Via Cardinal Castaidi per incrociare le Torri dette dei Claves An A (già Signori di Taggia) e, da qui, la dirczione Piazza Castaidi per contemplare la monumentale facciata barocca della Chiesa dei Santi Giacomo e Filippo, i portici, a sesto acuto, di Palazzo Lombardi e la Fontana del Braki (1462).

Una puntata in Via Soler! è d'obbligo. Qui gravita la vita del borgo, oggi città, nelle caratteristiche botteghe sotto gli ampi porticati, fronteggiati da antichi palazzi con portali in ardesia scolpita. Per tutti si ricordano lo storico Palazzo Comunale (XII-XIV secolo), il Palazzo Curlo (1448), posto su quattro svelti archi gotici in pietra nera e Palazzo Carrega, già Asdente, dall'originale e antico portale.

Nelle sue immediate vicinanze, una targa marmorea segnala la casa di Giovanni Ruffini, patriota e romanziere dell'Ottocento, autore del romanzo "II Dottor Antonio", antesignano strumento di pubblicità del turismo del Ponente ligure nel Regno Unito.
A monte, la parallela Via San Dalmazzo fu, fin dal 1400, la strada dai ricchi palazzi con portali in pietra nera intagliata, decorati talvolta con fregi di stile rinascimentale. A metà strada, si incontra la Porta Barbarasa, confine a nord della cinta muraria.

Seguendo ora gli appositi cartelli segnaletici, si perviene al Convento dei Frati Cappuccini (costruito, nel 1610, per volontà della illustre cittadina Caterina Arnaldi), che conserva un'interessante biblioteca, dono del patrizio genovese Gerolamo Vivaldi.

La Porta del Colletto (1541) apre la via dì uscita dal borgo, proponendo, a breve distanza, la Poazza e la Chiesa di San Benedetto Revelli, patrono di Taggia, per la cui memoria, nel mese di febbraio di ogni anno, vengono accesi i giganteschi falò e le rudimentali torce pirotecniche, i "furgari", attraverso i quali, in tempi remoti, si voleva segnalare l'affollata presenza dì difensori nel borgo onde allontanare incursioni nemiche.

A breve distanza, la Chiesa Romanica di Santa Maria del Canneto, costruita dai Monaci Benedettini. Distrutta dai Saraceni, fu ricostruita, in epoca successiva, dagli stessi Monaci, formando un complesso dotato di abbazia centrale, convento e ospizio per i viandanti e pellegrini.

L'avvento dei Benedettini in Taggia segna la rinascita del borgo, la diffusione delle attività agricole ed artigiane, la macinatura del grano e dell'orzo, la filanda e il telaio e, importantissima, la coltura dell'olivo. Ancor oggi l'oliva taggiasca ha proprietà e qualità di elevatissimo pregio, note ed apprezzate dagli intenditori.

Ridiscendendo verso il fiume Argentina, il Ponte Medievale Romanico, a sedici archi, conduce alla mulattiera per Castellare e per il Santuario della Madonna di Lampedusa.

Rientrando nel borgo, oltrepassato il Bastione del Ponte (XVI secolo), appare, sulla destra, la Chiesa della Santissima Trinità (XVII secolo), ricca di indorature, marmi ed oggetti sacri.
Oltrepassato Viale Rimembranza, la visuale si apre su Piazza Cavour, ove la Chiesa dei Santi Sebastiano e Faiano, dalla facciata barocca, conserva un pregevole Crocefisso processionale ligneo
Discendendo su Piazza Garibaldi e svoltando per Via Ruffini, si raggiunge Piazza Farini, ove sorge il Palazzo Lercari (XVII secolo).
In Via Curlo, il Palazzo Curlo-Spinola (XVI-XVIII secolo) ricorda la presenza in Taggia dell'Infante di Spagna Don Filippo, in transito con le sue truppe (1745) e di Napoleone Bonaparte, durante la Campagna d'Italia.
Palazzo Lercari. Interni. Volta affrescata

Piazza Farini, fontana del "Braki"



Complesso monumentale di San Domenico

Ponte medievale romanico

Complesso monumentale di San Domenico


ARMA DI TACCIA - A soli sei chilometri da Sanremo, Arma di Taggia si distingue per il suo clima mite, la vasta e sabbiosa sua spiaggia e le sue attrezzature turistiche. Frequentato centro di vacanze estive ed invernali, i pubblici locali, i campi da tennis e di minigolf, i confortevoli stabilimenti balneari, lo stupendo entroterra che, attraverso agevoli itinerari, porta il turista alla contemplazione di paesaggi alpini, sono garanzia di sereni soggiorni. La particolare sua ubicazione offre tranquillità e sicurezza per una vacanza ritemprante.

Gli esercizi alberghieri di ogni categoria, dall'albergo con piscina alla pensione familiare, offrono, tutti, ottimo trattamento. I servi/.i di collegamento filoviari e in pullman con Sanremo e la Riviera dei Fiori sono frequenti e confortevoli.

Arma di Taggia si raggiunge:
con il treno:
linea Genova - Ventimiglia
con l'automobile:
autostrada Milano - Genova - Savona
Ventimiglia, uscita Arma di Taggia;
autostrada Torino - Savona - Ventimiglia,
uscita Arma di Taggia
S.S.N. 1-ViaAurelia

Visita alla città.

Fra il Settecento e l'Ottocento, il borgo marinaro di Arma attraversa un periodo di crescita economica e demografica. Si inaugura la nuova strada carrozzabile, che collega il litorale con il borgo medievale di Taggia e lo scalo marittimo di Arma guadagna importanza. Gli abitanti maturano sempre più una coscienza ad identità cittadina.

È il 28 settembre 1817, quando il Consiglio degli Anziani di Taggia, accogliendo una petizione degli abitanti dell'Arma, decide di finanziare un primo lotto di lavori per la costruzione di una chiesa, vista la dimensione dell'insediamento abitativo in Arma.

Nasce così la Chiesetta di San Giusepe, sulla omonima via. Seppur modesta nelle dimensioni e povera nell'apparato decorativo, l'aggraziata aula unica, dai fianchi curvilinei - quasi chiesa a pianta centrale, pur segnata, nel suo interno, da gusto e ritmi di tiponeoclassico - è testimonianza significativa della fioritura edilizia tardobarocca del Ponente Ligure.

La Grotta della Madonna dell'Arma (Lungomare di Ponente) risale al periodo preistorico e fu rifugio per animali e uomini. Nel corso di recenti scavi sono emersi reperti dell'età paleolitica. La struttura della grotta, a differenza di quelle dei Balzi Rossi di Ventimigiia, è segnata da un asse mediano di separazione fra la parte anteriore, rivolta verso il mare (che accoglie la Chiesetta oggi dedicata a Maria Santissima dell'Annunziata) e la parte posteriore, rivolta verso nord, che forma una lunga ed oscura caverna.







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domenica 18 aprile 2010

Riviera di Genova: Nervi, Bogliasco e Pieve Ligure, soggiorno, cultura e intrattenimento nell'arco di mare, coronato dì verde.

Soggiorno, cultura e intrattenimento nell'arco di mare, coronato dì verde, da Nervi al Promontorio di Portofino

Mare e gastronomia, tesori d'arte e orizzonti senza fine, entroterra verde e clima dolce, baie silenziose, spiagge, rocce a picco, e poi musica, cultura, intrattenimento: il Golfo Paradiso onora il suo nome.

E singolare il fatto che un tratto così breve di costa, e il suo entroterra, racchiudano tanti e forti motivi di interesse.

Lo può constatare facilmente il viaggiatore curioso, ma anche la famiglia in vacanza, o il giovane sportivo, o il villeggiante "di lungo corso" che qui trova clima dolce e ospitalità discreta tutto l'anno.

Saranno i documenti e i segni che l'opera dell'uomo ha lasciato nei secoli, con gli edifici sacri, le opere d'arte, le strutture dei borghi felicemente armonizzati con l'ambiente.



Sarà l'esposizione a mezzogiorno e il riparo delle colline, e lo scambio dell'aria di mare con quella di bosco, che ci regalano un clima temperato e benefico. O. ancora, la natura, che qui si è espressa con il dono di tanti luoghi celebrati, tra i più belli in assoluto.

Certo il Golfo Paradiso è tutto questo, e si è meritato il nome. Per goderlo e apprezzarlo, per scegliere la meta di un weekend o di un soggiorno, di una gita o di una vacanza, occorre un primo sguardo d'assieme.

Inizia da Nervi il nostro itinerario senza fretta


Parchi, roseto e spettacoli. Dove si incontrano natura e arte.Genova non è ancora finita e già siamo nel Golfo Paradiso.

L'incontro felice tra arte e natura si avverte subito lasciata la città, o scendendo qui, al casello di Genova-Nervi sul­l'autostrada che collega Milano a Sestri Levante. Nervi apre la sfilata delle bellezze del Golfo, e già ne segna il carattere con la magnificenza del suo verde, parchi e giardini che scendono dolcemente al mare. Qui incontriamo subito, anche d'inverno, ciucila mitezza di clima che richiama ospiti da tutto il mondo.

Qui l'eleganza dei negozi si accorda con la qualità del­l'intrattenimento, che culmina nel famoso l'estivai Internazio­nale del Balletto, passando per le "prime" cinematografi-che estive nel Roseto del parco di villa Grimaldi. Ed è proprio la villa Grimaldi che ospita le raccolte Frugone d'arte figurativa otto-novecentesca. Il museo Luxoro, invece, offre all'ammirazione degli appassionati la sua rac­colta di arredi, dipinti, mobili del '600/700. Con la Galleria d'Arte Moderna, di prossima riapertura, Nervi costituisce un invidiabile polo culturale.

Tutto racchiuso tra le antiche case del borgo, il porticciolo di Nervi è un'attrazione permanente
fatta di colori, di barche fitte fitte protette dal molo, di reti da pesca stese al sole. E' un angolo fuori dei tempi incastonato come per incanto nella città moderna.

Tra terra e acqua, dal por­ticciolo a Capolungo, si snoda, dolce anche d'in­verno, la passeggiata Anila Garibaldi. Ricavata sulla scogliera con passaggi ar­diti, curatissima, offre tma gran quiete assolata con mare calmo o il frastuono delle onde sulla roccia. Da qui si ammira tutto l'arco disteso del Golfo Pa­radiso, fino al promontorio di Portofino.
Bogliasco, il borgo dei pescatori


Contro i pirati barbareschi e saraceni. "IlCastello": così è denomi­nata l'antica torre posta a guar­dia del borgo contro le brame dei pirati barbareschi e sara­ceni, oggi trasformata in ap­partamenti con vista e profu­mo di mare.

La storia più che millenaria di Bogliasco ha lasciato testimo­nianze interessanti nel ponte medievale (detto Romano) che scavalca il torrente con un'uni­ca campata e nell'antico borgo della frazione Sessarego. All'imbrunire tutti in spioggia a vedere i! ritorno delle barche da pesca.

Accogliere i pescatori di ritorno, ammirare la qualità e l'abbondanza del pescato: è il "rito" affollato che conclude una giornata di mare, di quieto riposo sulla spiaggia o di suri" sulle onde lunghe del libeccio.

Ma Bogliasco. gaia e accogliente, propone ai suoi ospiti tanti motivi d'interesse: la passeggiata a mare, la piscina, la vela, la vita di spiaggia. Per gli appassionati d'arte ecco l'oratorio di Santa Chiara, con i suoi fastosi Crocifissi custoditi dalla confraternita plurise­colare e la bella parrocchiale barocca con sagrato a "risseu" e fantastica vista mare.

Pieve Ligure, nel paese della mimosa


Non solo mare, nell'incantevole Golfo Paradiso

Se la Sagra della Mimosa si tiene nei primi giorni di febbraio, non è per un'insen­sata sfida alle stagioni: a Pieve Ligure veramente, l'esplosione del fiore dorato, comincia già a gennaio. Il suo giallo intenso testimonia che qui Li primavera vince il maltempo e l'inverno, e dura idealmente tutto l'anno. Lo sanno i turisti che soggior­nano qui, sulla grande scoglie­ra a picco sul mare, in cerca di tepore, e lo sapevano cer­tamente gli antichi che formarono il borgo originario di Pieve Alta, sulle pendici del monte di Santa Croce, attorno alla bella parrocchiale di San Michele.

Oggi, in un paesaggio segnato dal fiorire delle serre, dagli ulivi contorti e dal pino marit­timo, da una costa alta e roc­ciosa rotta da piccole cale, i villeggianti d'ogni età trova­no un'accoglienza ospitale, attrezzature sportive moderne e animazione con eventi mu­sicali e culturali.

Seguite il segnavia (due quadri rossi): la salita ai ^lo metn elei monte ui oìni" ta Croce, coronato dalla storica chicsina sulla vetta, vi premierà della fatica con un gran panorama. Qui si danno appuntamento gli ardimentosi per lanciarsi nel vuoto col parapendio, macchie di colori vivaci sul fondo azzurro mare.
Nel territorio protetto dai volontari contro gli incendi, fioriscono spontanee le orchidee

Se da Pieve Alta vi avviate a piedi dalla piazza alberata e imboccate la bella via che porta a San Bernardo di Bo-gliasco, trovate presto sulla clcstni un ecliricio immerso nei silenzio, riscniunito ull interno da una luminosità solare velata d'antico. È l'oratorio di San­t'Antonio Abate, un'unica navata e, lungo le fiancate, una sfilata di grandi crocifissi lignei della scuola del Maragliano. Non mancate di vederlo. Il sentiero, alto sul mare, noto per la sua dolcezza, la vista che olire, la posizione riparata è una "comiche" pedonale per famiglie. Corre a mezza costa, quasi in piano o con leggeri saliscendi, fino a San Bernar­do, frazione di Bogliasco, unendo in circa quattro chilo­metri le due località del Golfo Paradiso. In ogni stagione (basta un po' di sole) frotte di bimbi, famiglie e giovani si godono questa piacevolezza. Senza prezzo.

 
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sabato 5 dicembre 2009

I siti archeologici dell'isola di Sant'Antioco, terra di bellezza..

Sant'Antioco, terra di bellezza.

Sbarcare a Sant'Antioco è un'appagante sensazione di gioia che si rinnova da oltre due Millenni.

Testimonianze nuragiche, fenicie, romane e persino sabaude si susseguono in un territorio ancora tutto da esplorare. Audaci, straordinari navigatori quei fenici, ma anche scopritori di bellezze, da loro puntualmente segnate come "capisaldi" della loro "via del sole". Non c'e luogo da loro svelato che non sembri -ancor oggi- un lembo di cielo tirato giù sulla Terra per esser poi bagnato dal mare. Come l'isola di Sant'Antioco in Sardegna.

"Su Para e sa Mongia"
Si tratta di due menhirs (pietre messoe verticalmente piantate nel terre­no) ovvero simboli aniconici (cioè sim­boli che non ammettono immagini) connessi con la religione della fertilità delle popolazioni prenuragiche (3000 a.C. circa).

I primi abitanti dell'isola avevano il culto della Dea Madre. Essa rappresentava la natura, la terra, il mare, le stagioni, la fertilità, il principio della vita. Spesso in prossimità dei villaggi, venivano collocati due grossi betili simboleggianti i dure principi della vita, il maschio e la femmina. Un esempio di ciò lo roviamo nei betili che sorgono all'ingresso dell'istmo di Sant'Antioco, noto come "Su para e sa Mongia".

Si suppone che lì vicino sorgesse un villaggio di capanne e che i due betili testimoniassero la presenza degli dei nella comunità.



I Tophet
La parola tophet è un termine di origine biblica che indicava un luogo, nei pressi di Gerusalemme, nel quale venivano bruciati e sepol­ti i bambini, e che oggi, convenzionalmente, indica le aree sacre di età fenicia, punica rinvenute in Sardegna, Sicilia e Tunisia e nelle quali sono state recuperate urne contenenti ossa bruciate di bambini e di ani­mali.

Il tophet di Sant'Antioco, utilizzato a partire dall'Vili al I sec. a.C.,si presenta come un'area all'aperto, ubicata all'estrema periferia setten­trionale dell'abitato, che si appoggia ad una roccia trachitica denomi­nata "Sa Guardia de is Pingiadas" (la guardia delle pentole) a causa della gran quantità di urne cinerarie che affioravano dal terreno. Sino ad oggi ne sono state recuperate circa 3.300.

Le urne conservano ossa bruciate di bambini, talvolta di piccoli ani­mali e qualche oggetto votivo. I resti ossei per lungo tempo sono stati attribuiti ad un rito sacrificale cruento, che prevedeva l'uccisione ritua­le dei primi nati, mentre oggi l'indagine osteologica testimonia che la maggior parte dei bambini cremati nel tophet erano nati morti o dece­duti per causa naturale in tenera età e che i resti animali erano una com­ponente del rito stesso.

Le urne, solitamente deposte tra le cavità naturali della roccia, sono spesso accompagnate da stele di pietra (ad oggi se ne contano circa 1.700, conservate nei musei di Cagliari e di Sant'Antioco) recanti immagini umane, simboliche e più raramente di animali connesse al rito che si svolgeva nell'area sacra.

Il complesso delle stele di Sulci è uno dei più interessanti cono­sciuti, e al Museo Archeologico è possibile ammirarne una selezione che, per quanto ristretta, rappresenta le tipologie principali e gli svi­luppi iconografici elabo­rati nelle botteghe lapicide sulcitane.

Villaggio Ipogeo
Si tratta di un suggestivo villaggio costituito da ipogei di epoca punica scavati sulla nuda roccia e riutilizzati, a partire dal XVII secolo, come abitazioni dalle classi più povere del paese fino agli anni 1950.

Con il nome impro­prio di "grotte" si indica quella parte di necropoli punica formata da tombe a camera scavate nel tufo, trasformate dalle famiglie più povere di Sant'Antioco.

L'estensione originaria della necropoli era di oltre sei ettari e considerando che in media ogni tomba occupava quaranta metri quadrati si puo' valutare che il numero di ipogei fosse di circa millecinquecento. In base a cio' la popolazione, all'epoca, residente puo' essere stimata in 9000-10.000 abitanti, inserendo l'antica Sulky tra le citta' piu' popolose ed estese del Mediterraneo.

Oltre alle tombe utilizzate come abitazioni, i due settori attualmente visibili della necropoli sono situati, uno, tra l'altura del Fortino Sabaudo e il mare, l'altro, sotto la Basilica dedicata a Sant'Antioco.

I leoni di Sulci
Si tratta di due grandi sta­tue di leone di epoca punica realizzati con materiali ricavati da cave locali intorno al IV sec. a.C.

La loro collocazione origi­naria doveva essere ai lati della porta settentrionale della cinta muraria.

Le statue di Icone sono state rinvenute in una situazione che è chiaramente di reimpiego nell'area della necropoli.

Molto probabilmente il leone aveva la funzione di guardiano (assieme ad una scultura gemella) della porta di un sepolcro monumentale.


La fontana romana
Situata in piazza Italia o piazza "Is Solus", la più fre­quentata dagli antiochensi, forse, non a caso, proprio per la presenza di questo impor­tante monumento.

La fontana romana ha costituito sin dalla sua costru­zione e fino a poco tempo fa, la risorsa idrica più importante del paese.

La quota nella quale attualmente si apre la fontana, a tre metri di profondità rispetto all’attuale livello della piazza, rappresenta dunque l’antico piano di calpestio praticabile in età punica e romana. A nessuno sfuggirà l’importanza di una fonte pubblica già disponibile in età così antica. Occorre infatti ricordare la rilevanza dell’acqua dolce per l’antica marineria e occorre anche notare che l’antico porto era praticamente adiacente alla cosiddetta Fonte romana. Tuttavia, l’aspetto attuale dell’impianto idrico nulla ha di romano né di antico, poiché si tratta di un rimaneggiamento eseguito nella prima metà del secolo scorso.

II ponte romano
Percorso tutto l'istmo, poco prima di arrivare in paese, sulla destra, si può apprezzare il Ponte romano" (II - III sec d. C. ), utilizzato sino agli anni Cinquanta quale unica strada ili accesso. Le pietre in arenaria delle arcade costituiscono la parte originaria, mentre il resto è il frutto dei continui rifacimenti che il ponte ha subito nel corso della sua storia.

I ponti romani occupano un posizione di primario interesse nella viabilità della Sardegna romana. Si tratta di opere d’arte della rete stradale la cui appartenenza all’architettura romana è facilmente comparabile con quelli di altre provincie, nonostante i rimaneggiamenti avutisi nei secoli. Il ponte romano di Sant’Antioco, conosciuto da tutti col nome di “Pontimannu” rappresenta, come d’altronde gli altri ponti sardi, un unicum non solo nella sua forma ma anche per la posizione sul territorio.

Differentemente dagli altri collega la terraferma con un isola e non il guado di fiumi o dislivelli. Il nome ricorda l’esistenza di altri ponti, più piccoli, che legavano l’isola di Sant’Antioco al continente sardo attraverso l’unione degli isolotti dell’attuale istmo. Della sua importanza, e della necessità di interventi di restauro, abbiamo notizie pochi anni dopo il ripopolamento.

Il Fortino Sabaudo
II forte Sabaudo, conosciuto anche col nome di "Guardia de su Pisu" oppure "il Castello" domina da una collina alta 60 mt. l'abitato di Sant'Antioco. E' una piccola costruzione di 270 mq., edificato nel 1812, su una preesistente struttura punica per proteggere la cittadina dalle incursioni barbaresche. Una garitta a più feritoie controllava l'in­gresso permettendo il controllo di un vasto tratto di mare.

Il 16 Ottobre del 1815, in occasione dell'ultima incursione in Sardegna dei pirati tunisini, il forte fu teatro di una sanguinosa batta­glia, in seguito alla quale il comandante della guarnigione, Efisio Melis Alagna, dopo una valorosa ed eroica resistenza, fu ucciso dai barbare­schi. Almeno cinque abitanti di Sant'Antioco furono fatti prigionieri e portati a Tunisi in attesa del riscatto.

Restaurato di recente è stato inserito nel tour dell'Area archeologi­ca di Sant'Antioco che comprende la visita del museo Etnografico, del villaggio ipogeo e, appunto, del Fortino Sabaudo.

Come si arriva:
Nuraghe S'Ega Marteddu
L'Isola di Sant'Antioco si colloca nel Sud-Ovest della Sardegna e dista da Cagliari, il capoluogo, circa 87 km.Pur essendo un'isola, e' collegata alla Sardegna da un istmo percorribile in auto. Via mare , la Sardegna e' collegata al Continente da linee quotidiane di traghetti tutto l'anno.

Viaggiando con auto al seguito, e' sempre consigliabile prenotare con largo anticipo.I principali scali portuali della Sardegna sono in ordine di importanza Cagliari,Porto Torres, Olbia, Golfo Aranci,Arbatax,Palau. Mentre con l’aereo l'aeroporto principale di Cagliari-Elmas, soprattutto d'estate, e' ben collegato con le principali città italiane ed europee. Di recente sono state attivate anche linee low-cost.
Sono qui indicate le princincipali modalità di arrivo sull'Isola:
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